Un uomo del mio tempo

Carissimo Filippo, ti sono grato assai per i commenti che fai ai miei articoli e in particolare all’articolo: Teorema della sinistra o dei deboli.

Attorno alla domanda che tu hai rilevato, come immaginerai, ho riflettuto e perciò ti rimando agli articoli che pubblicherò nei prossimi giorni, intanto rispondo a te, ma anche agli altri lettori, con la poesia di Salvatore Quasimodo, Uomo del mio tempo, che invio ora stesso alla redazione.

Ciao e alla prossima.

Ciccio

Uomo del mio tempo

Sei ancora quello della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

con le ali maligne, le meridiane di morte,

– t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,

alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,

con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

come sempre, come uccisero i padri, come uccisero

gli animali che ti videro la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno

quando il fratello disse all’altro fratello:

“Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,

è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

salite dalla terra, dimenticate i padri:

le loro tombe affondano nella cenere,

gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

 

(1947) Salvatore Quasimodo

 

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it