UN ‘PRESIDIO’ DI GIUSTIZIA PER GLI IMMIGRATI, OPERAI DELL’«ULTIMA ORA»

 

«Lavorare la terra è un tema e un’attività antica di questo territorio, che diventa attuale per l’inserimento degli immigrati e per il supporto necessario che permetta loro di integrarsi e di difendere la loro dignità». Così ha aperto l’incontro per la presentazione al territorio del progetto “Presidio” di Caritas Italiana, avviato anche nella diocesi di Noto, il vicario foraneo di Pachino don Gaetano Asta, rilevando come sia bello anche che questa presentazione sia avvenuta mentre è in corso la visita pastorale del vescovo mons. Antonio Staglianò e come sia stato sollecito il cammino, riuscendo in soli tre mesi ad avviare una presenza fatta di ascolto, sostegno, offerta di punti di riferimento. Con un grazie particolare ai padri Canossiani che hanno dato la disponibilità dei locali e ai volontari che si sono subito messi all’opera. Un video con interviste tratte dalle esperienze pilota avviate due anni fa in Italia ha fatto cogliere meglio come l’ascolto dia voce ai migranti, ai loro bisogni, alle loro speranze. Il direttore della Caritas, Maurilio Assenza, ha esplicitato le valenze specifiche per la diocesi di Noto e il suo territorio, «Un presidio di giustizia, anzitutto, per una presenza coraggiosa a fianco dei più deboli, di quelli che troppo spesso restano senza voce, immigrati e anche lavoratori del territorio. Un presidio per il futuro del territorio chiamato a misurarsi sempre più con il mondo. Un presidio di Dio, un farsi presente di Dio che nei migranti chiede accoglienza ma anche che i migranti avvertono presente più di quanto non accada nel nostro stanco Occidente». Rilevando quindi il dono grande che è la presenza della comunità missionaria intercongregazionale presente da un anno in diocesi e in Sicilia e che – come dice uno di loro – “spolverano stelle”, accompagnando e promuovendo impegni corali. Impegni che – ha spiegato il missionario don Gianni Treglia – si svilupperanno in due direzioni: una presenza stabile ogni martedì presso i padri Canossiani e una presenza itinerante per andare a trovare i migranti laddove vivono e lavorano. «Sono come gli operai dell’ultima ora del vangelo – ha detto il pastore valdese Francesco Sciotto – che ci dicono la fatica di chi deve attendere il lavoro. E il fatto che ancora il padrone chiami quelli dell’ultima ora dice che c’è sempre una speranza anche per gli ultimi». E dopo aver detto la gioia di trovarsi insieme senza distinzione di confessione religiosa, ha introdotto una breve ma intensa preghiera interreligiosa invocando il Dio che ha sempre accompagnato chi viaggia perché ci renda tutti capaci di ascolto e accoglienza. «Un onore e una restituzione diventa accogliere il migrante, una restituzione di dignità per loro e per noi» – ha continuato il padre canossiano padre Pietro Bettelli – invocando nella preghiera la capacità di “dirsi” amici, di vivere da amici che attendono, diventano presidio sicuro, di ritrovare in Dio un riposo. Nell’ordinario, senza opere straordinarie e vanagloria. Quindi è stata la volta del giovane iman musulmano Daudà che viene dal Malì ed ha ricordato come il povero non è tanto chi non ha di che mangiare, ma chi non ha come spostarsi, chi non può vivere con libertà. E in lingua araba ha pregato per loro e per tutti con una preghiera di benedizione. Ha concluso l’incontro il vescovo mons. Antonio Staglianò, che ha sottolineato come sia importante un cristianesimo non convenzionale, un cristianesimo che continui l’incarnazione di Dio nel mondo, operando giustizia come la sa dare Dio, includendo chi arriva per ultimo. Esprimendo gioia per questo segno di Chiesa in uscita, sulla linea di papa Francesco

 

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