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AD #ACATE BAMBINI FELICI GRAZIE AL PROGETTO DELLA CARITAS DI RAGUSA
15 Feb 2017 17:52
I bambini di Marina di Acate forse non saranno mai famosi, ma per il momento sono felici. È partito, infatti, il laboratorio di canto e di teatro rivolto dal Presidio della Caritas di Ragusa ai minori che abitano nelle campagne tra Randello e Marina di Acate. È un percorso che nelle intenzioni della Caritas porterà i ragazzi alla realizzazione di uno show da presentare alla cittadinanza intorno al mese di giugno. Il laboratorio è stato affidato ai due giovani professionisti ragusani Lorenzo Licitra e Fabio Guastella, che cureranno rispettivamente il canto e il teatro. “È un’esperienza molto forte e bella – dice Lorenzo Licitra – che arricchirà il nostro bagaglio di vita. Sarà un modo per sperimentare ancora una volta che attraverso il teatro, la musica e l’arte si può fare amicizia e creare un mondo magico dove grandi e piccoli si muovono: tutti uguali, senza nessuna differenza, con lo scopo di regalare emozioni”.
I ragazzi che partecipano al corso sono venti e rappresentano una piccola parte degli oltre 150 minori censiti dal Presidio Caritas e che vivono da invisibili sul nostro territorio. Molti di loro non frequentano la scuola, non hanno spazi di condivisione con i coetanei, lavorano come baby sitter all’interno o all’esterno della propria famiglia mentre gli adulti si trovano in serra. Tutti, in definitiva, sono privati della possibilità di vivere pienamente la propria infanzia o adolescenza.
Il laboratorio vuole restituire loro, attraverso l’arte, quello che un sistema di produzione basato in buona parte sullo sfruttamento e sul non rispetto della persona umana, toglie quotidianamente. I ragazzi vivranno momenti di inclusione sociale, impareranno concetti come la condivisione e il lavoro di gruppo, conosceranno e riconosceranno le proprie risorse e capacità personali, riscoprendole in un contesto altrimenti privo di stimoli.
“Lo spettacolo – dice Domenico Leggio, direttore della Caritas – sarà un modo per farli conoscere alla cittadinanza, renderli finalmente visibili, riflettere sulle conseguenze dei nostri modelli di vita, riconoscerli anche come nostri figli.”
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