È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
LETTERA ALLE DUE COMPONENTI STORICHE DEL PARTITO DEMOCRATICO
19 Set 2015 15:26
È molto probabile che qualunque cosa ci si racconti di se stessi appartenga al novero delle impressioni, tanto quanto qualunque altra cosa – a proposito di noi – viene riferita da altri. Per di più, intervenendo nel racconto personale (psicanalitico se vogliamo) una sorta di sentimento di autotutela, sono convinto che i racconti altrui (le impressioni degli altri), che riguardano la nostra vicenda sociale, alla fine potrebbero risultare più credibili, o quanto meno in misura maggiore corrispondenti al vero, rispetto l’analisi autoconoscitiva. Non s’incorra tuttavia nell’errore depressivo dell’abulia, poiché è cosa buona e giusta tendere alla conoscenza di se stessi, per il tramite tanto della propria indagine quanto del parlottio di piazza, tentando l’esercizio non vano di ricerca della verità nella finzione.
Non trovo nulla di scandaloso io, intendiamoci, nel fatto che elementi di “destra” (e va bene, di centrodestra) confluiscano nel maggior partito di “centrosinistra” italiano. Vorrà dire che essi si saranno sicuramente convertiti. Cioè, una delle due parti politiche si sarà sicuramente convertita alle ragioni dell’altra. Ora, effettivamente, da ciò dipende la sopravvivenza di un’azione politica di sinistra nella storia repubblicana italiana. Fa bene De Benedetti, in queste ore, a chiedersi se l’unico collante della sinistra – ed unico motivo di sopravvivenza – sia stato l’antiberlusconismo (chiaramente è stato così, senza alcun dubbio). Tuttavia, per quanto, come già preannunciavo, tutto “nel frattempo” potrebbe essere accaduto – anche che il P.D. sia divenuta una realtà politica destrorsa, a dispetto di quanto “noi” iscritti abbiamo ritenuto potesse mai accadere, o che addirittura fosse tendente al conservatorismo sin dall’inizio senza che ce ne fossimo avveduti in tempo (e tutto sommato propendo per tale ultima ipotesi) – mi attenderei delle prese di posizione a sinistra, come conseguenza agli ultimi ingressi nel Partito. Quale conseguenza non so proprio dirlo. Per una mia debolezza ideologica personale gradirei qualcosa di socialista, ma so che è tempo perso sperarlo in Italia, perlomeno dall’abiura successiva a “mani pulite” in poi.
No, non mi si fraintenda, non sto premettendo chiacchiere funzionali a una polemica contro Renzi, il quale fa quel che può, per salvare il salvabile. Lo sta facendo sul serio! Le sue piccole riforme ne formano un’unica piuttosto rilevante, che negativa in fondo non è, in quanto comunque smuove le torbide acque, ed era attesa da più di vent’anni. Il suo è un lavoro da “tecnico” (il suo staff, in senso lato, lo è), in qualche modo, scarno e a-ideologico, privo di ideali strettamente politici. Spero che Renzi, al termine del suo lavoro, sparisca come il primo sovrano di Pu, risalendo per la fune celeste da cui è stato calato dalla provvidenza borghese. Il mito fondativo tibetano è interessante perché mi lascia una residua ulteriore speranza, ossia che l’inviato ritorni nell’empireo senza lasciare traccia del passaggio miracoloso. Io credo – ho fede, almeno in questo – che sarà così, poiché Renzi veramente nulla sta lasciando in quanto a tracce politico-filosofiche, di indirizzo ideale, di prospettiva ideologica e – in sostanza – di progetto a medio e lungo termine (manca al suo lavoro – in qualche modo lodevole – l’escatologia dell’utile per la civiltà, essendo concentrato invece in una forse apparente soluzione della crisi sociale. Di Economia, poi, neanche a parlarne. Lì serve l’Idea, la Politica!). Sono riforme di “prima necessità”, lasciamogliele fare, per quel che sono e altro non possono essere.
Tornando alla crisi identitaria del mio Partito: se la Sinistra ex-diessina e la componente margheritina smettessero di vituperarsi contro improperi da stadio, e di litigare per cose ormai insussistenti, forse si potrebbe cominciare a pensare al dopo-Renzi, e probabilmente si scongiurerebbe l’ingresso di terzi elementi destrorsi in cerca di territori di caccia (la diaspora postberlusconiana è iniziata da un pezzo ormai, ed era del tutto prevedibile). Ci siamo raccontati per anni che il Partito Democratico si costituiva attorno all’esigenza di mettere in comune l’esperienza cristiano-sociale con l’ideale mutualista del socialismo europeo. La Sinistra, piuttosto che di Berlusconi, avrebbe dovuto ridiscutere il sistema welfare italiano, ormai ridotto a brandelli. Ormai è tardi, per il salvataggio elegante, impossibile (altroché) il salvataggio in forma ideologica, ci si deve accontentare di Renzi. Ma occorre pensare il dopo, e se la Sinistra – perlomeno essa, se non anche la componente perdente margheritina (essa perde alla stessa stregua della fazione diessina, e perderà sempre contro i nuovi spregiudicati ingressi di area neo-renziana) – è ancora interessata al progetto P.D. , deve suffragare il proprio racconto (quello che fa a se stessa da tempo) coi fatti, affinché venga percepito all’esterno in consonanza di intenti interpretativi. Il rischio, altrimenti, è di trovarsi a essere qualcosa che non si sarebbe mai potuto credere di divenire, un monstrum, o peggio ancora una massa anonima in continuo movimento centrifugo di microparcellizazzione rifondarola. Insomma, mettetevi d’accordo, ex-diessini ed ex-margheritini, dagli Iblei a Roma, pur di scongiurare una crisi identitaria dai risvolti preoccupanti e una mistificazione narrativa destrorsa (per tutti gli dei, chiedo perdono per le assonanze vendoliane…). Tutto ciò, ovviamente, non per far gruppo “contro” qualcuno, ma per ricominciare a fare politica (in senso socialdemocratico, come base) e porre le fondamenta del futuro benessere italiano. Ora, forse, “il nemico è in casa”, facciamoci ascoltare.
Gaetano Celestre
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