L’OMICIDIO STRADALE

La settimana scorsa, dopo il caso dell’automobilista ubriaco che ad Alessandria ha causato la morte di quattro giovani francesi in vacanza, i ministri  dell’Interno e della Giustizia, Roberto Maroni e Francesco Nitto Palma, hanno annunciato di volere introdurre il reato specifico di omicidio stradale, da distinguere dall’omicidio colposo, per chi si mette alla guida ubriaco o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Maroni l’ha annunciato  durante la tradizionale conferenza di Ferragosto ed ha detto di averne parlato con il collega alla Giustizia Nitto Palma. “E’ una vera e propria necessità”, ha spiegato il ministro Nitto Palma, perché è necessario che questa fattispecie “venga considerata come una forma autonoma di reato e che venga riconosciuta la flagranza differita che consenta l’arresto di chi si macchia di questo particolare reato”.
    Premettiamo che il fenomeno è degno della massima attenzione perché ormai sono numerosissimi i casi di incidenti causati da persone, in stato di ubriachezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, alla guida di autoveicoli o natanti.
    Vediamo intanto qual’è il contesto attuale. Un decreto legge del maggio 2008 ha previsto che, in caso di omicidio colposo, si applica la pena della reclusione da tra a dieci anni se il fatto è commesso in violazione delle norme sulla circolazione stradale da soggetto in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, aumentabile fino al triplo (ma per un massimo di quindici anni) nel caso di più persone.
    E’ previsto anche l’arresto facoltativo in flagranza (in presenza di alcune circostanze) ma anche il successivo provvedimento di custodia cautelare. Ma qui entra in gioco, evidentemente, la discrezionalità dell’autorità di polizia o giudiziaria. Così come è, la guida in stato di ebbrezza è solo un aggravante dell’omicidio colposo e per questo motivo, nel momento dell’irrogazione della pena, può essere bilanciata dalla concessione delle attenuanti, così come prevedono i principi generali del diritto italiano. Per cui, nonostante la punizione sia in astratto considerevole, in pratica si traduce spesso in condanne più lievi.
    In effetti ci può essere un approccio diverso al problema. Nel caso dell’incidente di Alessandria, la Procura, che in un primo momento aveva escluso l’arresto dell’omicida, successivamente ne ha chiesto l’arresto, il GIP lo ha autorizzato e la Polizia lo ha eseguito, ipotizzando un diverso reato: da omicidio colposo a omicidio volontario (per dolo eventuale). Il dolo eventuale si configura quando il responsabile, non solo sa che il suo comportamento può causare la morte di qualcuno (elemento già presente nella colpa cosciente, che aggrava l’omicidio colposo), ma, rendendosi conto che ciò è anche molto probabile, accetta il rischio che ciò accada.
    Resta il fatto però che l’orientamento generale resta quello di considerare l’omicidio stradale un reato riconducibile alla colpa e non all’intenzione, nemmeno potenziale, di uccidere, anche se una parte della dottrina ritiene che ci sia una grossa utilità nel separare l’omicidio stradale da quello colposo, prevedendo una fattispecie autonoma.
    Anche l’opinione pubblica si è mossa: associazioni e singoli cittadini hanno presentato una proposta di legge di iniziativa popolare. I punti qualificanti della stessa sono la durata della pena, che andrebbe da 8 a 18 anni (cioè vicino al minimo previsto per l’omicidio volontario, 21 anni), l’arresto obbligatorio in flagranza, il ritiro definitivo del permesso di guida.

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