La guerra e il Carnevale: la psicologia instabile di questo tempo

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola  “Houston! … qui Ragusa.”

Ho sbagliato. Alla grande. Oramai, dopo mesi, posso essere sincero sino in fondo con i lettori di questa rubrica. Come mi confidassi a degli amici.
Ho sbagliato clamorosamente perché inconsciamente mi rifiutavo di pensare che nel mattino di oggi, 24 febbraio del 2022, mi sarei svegliato con l’angoscia sottile di una guerra in atto, peraltro forse gravida di sviluppi e prospettive non meno che inquietanti a livello globale. In questa rimozione scolpita nei miei segreti auspici, secondo i quali l’orrida vicenda internazionale si sarebbe fermata ad una “quasi guerra” e ad una “semplice dichiarazione di infiniti penultimatum”, io mi ero concesso ieri sera un articolo spensierato e pervaso di una sana brama di serenità e voglia di rinascita. Per me, per noi, per i nostri figli. Un articolo che stamani risuona essenzialmente inopportuno. Perché non riflette lo stato d’animo universale. E non rispetta il sacro mood di quest’alba infausta.

Nell’articolo che, di fatto, ho cestinato e rivisto e sostituito con questa versione, avrei voluto dirvi alcune cose (adesso fuori luogo) alle quali accenno per onestà.
Lo vediamo tutti. Nitidamente. Anche con gli occhiali appannati a causa della FFp2. La festa del Carnevale quest’anno avrebbe un significato discretamente nuovo. Nuovi coriandoli, nuovi colori, nuovi sorrisi, nuovi respiri, nuovi incontri. L’appuntamento in piazza di bambini in maschera (e dei genitori rispettivamente imbambinati) non sarebbe più un assembramento di mascherine, ma piuttosto la svolta di un’antropologia delle cose ritrovate e mai perdute.
Anche nella nostra Sicilia i festeggiamenti per il Carnevale sarebbero molto antichi e preziosi.


Il Carnevale sarebbe normalmente un giardino di liberi e spontanei festeggiamenti, fantasie e celebrazioni tradizionali. Negli scorsi anni sono mancati molti appuntamenti storici a causa della pandemia. Da sempre, la festività avrebbe il senso e il sentimento profondo e rutilante dell’allegria, della spensieratezza, della vita da indossare con travestimenti e dolcetti come le chiacchiere.
La psicologia profonda del Carnevale ha dunque una natura antichissima ed essenziale. E sarebbe miope sottovalutarla. Soprattutto oggi, dopo due anni di una stagione che ha rappresentato esattamente il suo opposto: l’anti-Carnevale per antonomasia. E rimane una festa moderna.

Secondo un apparente paradosso, tra maschere, bugie e giocosi infingimenti, sarebbe un luminoso momento di verità. Oggi più che mai. Se non fosse altro che questo giorno ha fatto il suo esordio drammatico esibendo la più brutta delle sue maschere.


E lo smarrimento e le contraddizioni di chi ora vi scrive sono la testimonianza plastica del frenetico avvicendarsi delle storie illeggibili di questo tempo. Pagine di psicologia instabili e disordinate senza la ratio e la misericordia di una numerazione.
E nell’auspicio che tutto volga al meglio, di questo mi scuso nuovamente con voi.

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