LA CITTA’ SEMPRE PIU’ MALEDUCATA, IN SPREGIO ALLA ANTICA TRADIZIONE

 Intanto una premessa: da adesso e per i prossimi articoli, chiamerò la città di Ragusa sempre “capoluogo”, si intende di quella Provincia nata nel dicembre 1926 e che è prossima a morire.

I fatti. Percorrevo via Lombardia, strada transitabile in automobile in un solo senso, dalla via Archimede verso via Mongibello. Strada ad altissima densità di traffico. Io a piedi cercavo una goccia d’ombra per sopportare i 42 di quel bastardo di Minosse o di suo fratello che i nomi ormai sono frutto di sfrenata fantasia non abbiamo capito di chi.

A metà del breve tratto della via Lombardia un rombo, una sorta di tuono. Un attimo, solo un attimo, però, di paura vera (di questi tempi si parla tanto di terremoto, come se non bastasse il terremoto economico-finanziario che stiamo vivendo). Il tempo di cercare di capire la fonte del tremendo rumore e mi passa accanto, ad una velocità incredibile (ma si tenga conto che io ero a piedi, e perciò quella velocità a me parsa incredibile poteva anche essere forse quaranta all’ora), uno scuterone. Ho percepito solo alcuni elementi: il mezzo era di colore scuro, tipo melanzana, a bordo erano due persone di cui quella dietro era con lunghi capelli nerissimi, quelli di una ragazza. A quel punto dalla moto, che nel frattempo era a buoni cento metri davanti a me, vedo volare qualcosa di bianco. Era il cappello del guidatore.

I due ragazzi – si è capito, erano senza casco – frenano di colpo, invertono la marcia (vanno quindi in controsenso, ma, va detto, per qualche decina di metri e a bassa velocità) e raggiungono il cappello adagiato sull’asfalto. Proprio in quel momento sopraggiunge un furgone, che, io credo del tutto involontariamente, calpesta il cappello caduto dalla testa del giovane. La ragazza scende dallo scuterone e raccoglie l’accessorio, di quelli di moda adesso, con il parasole molto accentuato (causa del volo, in collaborazione con l’alta velocità raggiunta in un fiat) e tempestato di disegni ottenuti con pietre brillanti.

Il cappello era ovviamente non solo sporco delle gomme del furgone, ma aveva anche perso il suo turgore. Il suo proprietario, e guidatore dello scuterone, ha come primissima cosa bestemmiato ad un volume sufficiente per farsi sentire in Vaticano e rischiare la scomunica, e quindi rivolto ad altissima voce alcuni apprezzamenti al guidatore del furgone, tutti di natura e tipologia tali da non poter essere riferiti su queste colonne e conditi dalla fragorosa risata della sua giovane accompagnatrice. Per fortuna del ragazzo gli occupanti il furgone non hanno sentito né si sono accorti di nulla perché, avendoli poi osservati nello spiazzo davanti Lidl dove – scesi dal mezzo di lavoro – hanno raggiunto le loro automobili, ho riconosciuto in loro cinque muratori che nel caso di incontro ravvicinato avrebbero avuto qualcosa da ridire al giovane scuterista (anche se stanchi dopo un giorno di duro lavoro al sole e al caldo di questi giorni). Dal canto loro, i due giovanissimi a bordo del rombante due ruote si sono allontanati a velocità pazzesca sulla via Mongibello (ma senza il cappello).

 

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