Guerra in Ucraina, incubi per allevatori e migranti

I duemila chilometri che separano Ragusa da Kyïv non sono sufficienti a salvaguardare il nostro stile di vita economico e sociale prossimo venturo. La guerra in Ucraina è molto più vicina di quanto pensassimo soltanto poche settimane fa, di conseguenza dobbiamo fare i conti con alcuni scenari che incombono anche sul nostro territorio e che passano sopra le nostre teste perché certe decisioni sono prese su scala globale o effetti impossibili da governare. Tralasciando l’aspetto energetico, di cui parliamo in altro articolo, ci sono facciate assolutamente da non sottovalutare.

Una riguarda i nostri allevamenti zootecnici e la loro filiera. L’inevitabile calo di produzione di mais in Ucraina, compreso tra il 40 e il 70%, sta determinando un aumento vertiginoso dei prodotti per l’alimentazione degli animali. Alla Borsa merci di Chicago la quotazione del mais ha superato gli 8 dollari per bushel (27,2 chili) che non toccava dal 2012.


Un’indagine di Assosementi afferma che nel 2022 è previsto un aumento delle superfici seminate a soia in Italia del 10% rispetto al 2021, anno in cui secondo l’Istat sono stati interessati 285mila ettari, mentre per il mais è attesa una contrazione del 5%, rispetto ai complessivi 960mila ettari dell’anno precedente.


L’Italia importa circa la metà del fabbisogno di mais (47%). “Gli allevatori italiani – afferma Coldiretti – devono affrontare già incrementi di costi pari al 57% secondo il Crea che evidenzia il rischio concreto di chiusura per una buona parte degli allevamenti italiani che si trovano costretti a lavorare con prezzi alla stalla al di sotto dei costi di produzione.” Dallo Stato non pervengono segnali di aiuti pubblici agli allevatori. Nella Regione Siciliana ormai si è in piena campagna elettorale e con gli enormi problemi di bilancio ogni scostamento è impossibile più che improbabile. Tutto allora dipenderà dal prezzo che le industrie vorranno praticare agli allevatori per il latte in origine. Anche su questo fronte, tutto tace. Su queste basi, anche diversi allevatori siciliani chiuderanno le stalle perché non converrà produrre anche un solo litro di latte.

Secondo punto che ci riguarda da vicino: attendiamo un notevole aumento degli arrivi di migranti verso le nostre coste. Saranno infatti i Paesi africani a subire le conseguenze più pesanti del conflitto in Ucraina dal punto di vista alimentare, tra questi ci sono sicuramente Egitto, Tunisia, Libia e Marocco. Tali Paesi stanno vedendo già i prezzi salire notevolmente sia per le difficoltà a garantire le importazioni di prodotti alimentari sia per la congiuntura con il mese di Ramadan, che di solito corrisponde a un picco per la domanda di tali prodotti. La Tunisia fa sapere di avere scorte di grano fino a giugno. Migliaia di persone proveranno a scappare più di prima da guerre e miseria, attraverseranno il Mediterraneo centrale per sfuggire alla fame.


Le coste ragusane, come si sa, sono da circa 30 anni direttamente interessate al triste e irrefrenabile fenomeno che porta con sé anche una lunga scia di cadaveri. Nelle ultime due settimane duecento persone hanno perso la vita in cinque naufragi al largo della Libia e Tunisia.

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