È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
RECUPERARE LA STORICA STRUTTURA VITTORIESE
30 Mag 2010 19:21
Lo spazio espositivo dove oggi sorge la Fiera EMAIA, come certo saprete, durante la Prima Guerra Mondiale era occupato dal più grande Campo di Prigionia di tutta la Sicilia, come peraltro ci rammentano le sagome delle costruzioni ancora esistenti e le testimonianze raccolte all’interno della “baracca n.16” oggi ospitante il Museo Italo Ungherese realizzato dall’Amministrazione Comunale del tempo in sinergia con quel Paese che, con la vita di tanti dei suoi militi pagò un alto prezzo alla follia della “Grande Guerra”. In quella ristretta area si spensero sorrisi, si distrussero sogni, solo la speranza stentava a morire, la speranza di un futuro migliore, di un ritorno a casa, di una pace che non arrivò mai troppo presto per tanti prigionieri lì rinchiusi. Un simile luogo, ritengo, avrebbe dovuto conoscere una sorte migliore e più degna di quella d’essere trasformato in un mercatino settimanale periodicamente innalzato al ruolo di “fiera”, avrebbe dovuto, così come è stato in molte altre analoghe realtà, diventare un enorme monumento urbanistico, uno spazio della memoria per coloro (oramai pochissimi) che avevano vissuto sulla propria pelle le atrocità di quel tempo terribile, mentre per i giovani sarebbe stato un severo e materiale monito contro tutte le guerre. Ma non è andata così, le baracche, con la sola eccezione di quella adoperata come Museo, hanno, col passare del tempo mutato drasticamente la loro destinazione, alcune sono state abbattute, altre sono state sostituite dalle strutture fieristiche, e con il rarefarsi delle strutture anche la memoria, lentamente si è fatta dapprima più rada per poi cancellarsi mentre, al suo posto, sopravanzava un più contemporaneo ed utile oblio. Noi tutti abbiamo assistito silenziosi alla progressiva perdita di quelle vestigia, amare certo, ma pur sempre parte del nostro passato, e, lentamente, sotto la spinta di quell’inesorabile forza che è costituita dalla nostra quotidianità, ci siamo abituati a vedere il nuovo volto (in vero non bellissimo) dell’ex Campo di Prigionia. Tuttavia, miei distintissimi interlocutori, può capitare che delle volte qualcosa riesca a scuoterci dal torpore in cui la consuetudine ci ha relegato, che qualcosa smuova la nostra intelligenza se non addirittura la nostra anima e ci costringa a misurarci con il nostro inconsapevole imbarbarimento, aprendo le nostre orecchie, svelando i nostri occhi, a me, questo è successo osservando l’antico Serbatoio Idrico che, quasi un secolo or sono, provvedeva all’approvvigionamento idrico del Campo di Prigionia Ipparino. Oggi, quell’antico manufatto, salvatosi quasi miracolosamente dalla brutalità della guerra, dall’incalzare del tempo, dalle mutazioni climatiche e, persino, dall’incuria dell’uomo, oggi quel pezzo di storia che, credo, potremmo catalogare tra i manufatti che si ascrivono a quella che è la cosiddetta “archeologia industriale”, quel serbatoio è coperto, no, il termine corretto è offeso da enormi teloni pubblicitari (vedi foto trasmesse in allegato) che ne deturpano l’austera linearità e ne incalzano il valore monumentale. Mi chiedo quanti soldi possano aver fruttato all’EMAIA, perché il Serbatoio de quo ricade all’interno dell’area gestita dall’Ente Fieristico Vittoriese, ed ancora se quella somma, quei moderni trenta denari, per quanto grande possa essere, è un adeguato contrappeso alla perdita di un altro tassello di Storia, non solo di questo Territorio ma bensì di tutti quei Paesi i cui figli calcarono, da prigionieri, queste lande. Signori, anche nella mia qualità di Consigliere Provinciale, ma soprattutto come Cittadino Vittoriese Vi chiedo di rimuovere, con tutta l’urgenza del caso, quei cartelloni pubblicitari, ed il connesso telaio metallico su cui i cartelloni medesimi sono innestati, che, altrimenti, non copriranno solo l’antico Serbatoio ma anche le coscienze; Vi chiedo altresì di ripristinare e, nel caso, di disporre quanto necessario per il recupero ed il restauro di quella infrastruttura che, una volta che le sarà restituita la dignità di cui è stata ignobilmente e provocatoriamente scippata, potrebbe addirittura assurgere al ruolo di simbolo concreto, solido, tangibile della lotta contro la privatizzazione delle risorse idriche che Codesto Ente si è intestato.
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