LA PROTESTA DELLA SCUOLA

La protesta di insegnanti e studenti in difesa della scuola pubblica è ormai dilagata in tutta Italia con una serie di manifestazioni e iniziative a cui i media hanno dato una certa visibilità. Un po’ meno chiare, forse continuano a risultare ai più le motivazioni che hanno spinto il personale e l’utenza della scuola a scendere in piazza. Facciamo velocemente il punto della situazione.

 

La scuola pubblica è, da anni, impoverita da continui tagli di risorse e da un disinteresse cronico da parte dello Stato. La mancata formazione in servizio degli insegnanti, l’innalzamento del numero degli alunni per classe (le cosiddette “classi pollaio”, termine odioso e irrispettoso ma che bene rende l’idea della difficoltà di operare con gli studenti in maniera individualizzata ed efficace), la crescente disattenzione per il problema dei disabili, che sempre meno possono contare su un’organizzazione adeguata alle loro esigenze, la totale indifferenza per la gestione delle supplenze affidata alla disponibilità dei singoli e spesso legata alla soluzione immediata di situazioni di urgenza senza tener conto delle basilari norme di sicurezza (classi a volte abbinate e stipate in auditorium senza adeguata sorveglianza), sono indici della cattiva gestione di un settore, l’istruzione, che invece dovrebbe essere promosso e incentivato come nel resto dei paesi europei.

La cronica mancanza di risorse destinate all’istruzione e la scarsa attenzione per le problematiche della scuola abbassano il livello qualitativo del servizio e finiscono per colpire non solo il personale scolastico quanto e soprattutto gli studenti. Non investire sui giovani, negare fondi per la ricerca e la formazione significa ipotecare fortemente il futuro del paese.

Di contro i governi hanno cavalcato l’onda di perenne discredito che ha portato la classe docente a essere vista, dall’opinione pubblica, come una categoria improduttiva, reazionaria e legata solo agli interessi corporativi. Vorremmo scardinare alcuni dei luoghi comuni più ricorrenti sul mondo dell’insegnamento.

In primis la retribuzione: siamo coscienti che il nostro stipendio è tra i più bassi se rapportato alla media europea, ma la protesta non è mai stata incentrata su questo (se non nell’idea di alcuni sindacati). Anzi, comprendendo la difficile situazione economica in cui versa il paese, non abbiamo volutamente, in nessun documento nato in seno alla protesta, fatto riferimento alla situazione contrattuale ed economica del personale scolastico, per rispetto e solidarietà nei confronti di tutte le categorie che più di noi, quotidianamente, vivono una realtà drammatica. Le nostre rivendicazioni mirano molto più in alto, e cioè a sbloccare risorse complessive che vengono stornate dalla scuola pubblica e dal miglioramento dell’offerta formativa verso le scuole paritarie e gli istituti privati.

La faccenda delle 24 ore: anche se è vero che ci ha fatto rabbia che l’orario di lavoro frontale potesse venir aumentato di un terzo senza nessun aumento di paga e senza nessun tipo di contrattazione sindacale, non è stato la paura di lavorare un po’ di più a farci insorgere, quanto il timore che aumentare le ore di insegnamento per docente si traducesse nella perdita di innumerevoli posti di lavoro (se ne erano calcolati 11000). Già l’opinione pubblica ha dimenticato la carneficina sociale che ha privato del lavoro decine di migliaia di insegnanti precari (insegnanti che avevano costituito una forza lavoro su cui la scuola ha fatto affidamento per decenni): ora, il rendere soprannumerari un così alto numero di docenti risulta inaccettabile, soprattutto nel momento in cui viene proposto un concorso (le cui modalità di accesso e di selezione sono fortemente discutibili) che dovrebbe fare entrare nella scuola altro personale.

D’altronde anche il fatto delle 18 ore è un luogo comune da rivedere: il lavoro dell’insegnante prevede tutta una mole di lavoro sommerso (dalla correzione dei compiti alla preparazione delle lezioni, dagli incontri coi genitori alla programmazione e incontri di valutazione) che va ben oltre il tempo che si sta in classe. Non per niente la maggior parte degli insegnanti chiede a gran voce una riorganizzazione radicale dell’orario scolastico, che faccia emergere il lavoro nascosto, che valorizzi chi di più si impegna nella scuola, che faccia tacere le voci che ci vogliono in perenne vacanza ma che soprattutto sia funzionale al miglioramento del servizio scolastico.

Cosa chiediamo? Che siano presi, da parte del Governo, adeguati impegni sul risanamento e sulla riqualificazione della Scuola pubblica nella direzione degli studenti in primis, e quindi del personale tutto e dei precari della scuola (i cui problemi non si risolvono con concorsi farsa o con politiche di accomodamento). Cosa ci proponiamo di fare? Nella maggior parte delle scuole di Ragusa sono stati prodotti dei documenti che, in questi giorni saranno condivisi con i genitori e con i mezzi di informazione. Premesso che sarà totalmente salvaguardato il diritto allo studio di ogni alunno e l’espletamento in toto della funzione docente da parte di tutti gli insegnanti, l’orientamento comune è quello di sospendere momentaneamente tutte le attività extracurriculari e gli incarichi retribuiti col fondo d’Istituto, (che sarà ridotto per far fronte agli impegni presi dal Governo) come:

·         La programmazione e l’organizzazione di gite, viaggi d’istruzione e uscite in orario scolastico, il cui impegno, in termini di fatica e responsabilità è totalmente e puntualmente disconosciuto (altro luogo comune: “ma i professori fanno la gita gratis?”);

·         Funzioni strumentali, collaboratori del DS, responsabili di progetto e referenti;

·         I progetti extracurriculari;

·         Le prove di qualità  normalmente somministrate in itinere;

·         L’adozione di nuovi libri di testo.

In molte scuole si sta pensando, altresì di

·         Comunicare al DS l’ indisponibilità a sostituire con ore aggiuntive i colleghi assenti. Le supplenze , nell’opinione generale, devono essere affidate ai supplenti esterni.

·         Attivare una campagna di informazione per i genitori e di controinformazione periodica sugli organi di stampa. Numerosi istituti stanno programmando incontri e assemblee con i genitori per renderli partecipi delle motivazioni della protesta e per organizzare insieme dei momenti di incontro (Open Days di domenica, ad esempio) in cui la scuola si apre alla comunità con momenti di condivisione ricreativi e culturali e di riflessione e proposte.

Tutto questo non per creare immotivatamente  disservizio nelle nostre scuole, quanto perché è il solo modo di fare sentire la nostra voce. Chi si è impegnato in questa battaglia è da sempre convinto che una scuola pubblica, uguale per tutti, libera, produttiva ed efficace, è la base su cui si fonda il futuro di un paese democratico.

 

 

 

 

 

 

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