In Sicilia i temporali sono diversi: sembrano pagine di un libro

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola 

Il sole piove. Il vento nuvola un po’. In Sicilia ogni cosa è sui generis. Anche il temporale. Lo sapete anche voi. 

Mi sono come assopito e in sogno ho incontrato una tempesta. Questi temporali “notturni” qualcuno li troverà financo poetici. Anche sui social. 

Mi ero coricato che era piena estate. Poi i miei sogni diventarono inopinatamente shakespeariani, come tempeste nel bel mezzo di un gelido inferno. Mi alzai già sfinito e ansioso e ben centrifugato, come se avessi passato la notte dentro un Bimby che fa la maionese. 

Tuono ancora, mentre sorseggio il caffè. Il caffè mi rende tempestoso. E mentre guardo dalla finestra quest’alba sicana, stordita ancora tra muretti a secco e lumache imminenti e conche lontane d’acqua marina, pare tutto un sussurrare. E naufragar m’è dolce in questo pare.

È come autunno. Un anticipo appena. Lo intravedo già. Ci cammino per un giorno.

In Italia l’autunno è una delle quattro stagioni dell’anno. In Sicilia non è mai stato solo questo. La pioggia tra le cose ha una sua fragranza. L’orizzonte è malinconico e tuttavia felice, in un ossimoro che solo un bambino, cresciuto nelle soste in campagna alla fine di ottobre, saprebbe sciogliere. I campi e i muretti umidi senza una precisa ragione. E poi i profumi spietati di cannella e mandorle tostate, mosto e biscotti scaurati, cudduredi e noci e castagne,  marmellate e cotogne. Sinfonia. Su spartiti di carrube. 

Ma fosse solo questo! Voi sapete, come me,  che qui, da noi, l’odore delle cose si confonde con quello dei nonni,  delle zie,  delle madri  in un paesaggio di sentimenti e affetti che ti fanno dire: 

“La dieta la comincio in inverno. Lo giuro. Intanto vado col nonno a cercare vavaluci. Perché ha o è piovuto. Ed erano anni che non pioveva così bene. Ed erano anni che la nonna non rideva così tanto.”

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