PRIMARIE PARLAMENTARI SUBITO PER AMMAZZARE IL “PORCELLUM”

Bersani, dalla sua elezione a segretario e fino a due giorni fa, aveva sempre garantito che il Pd, se non fosse riuscito a far cambiare la legge elettorale, avrebbe scelto i candidati alla Camera e al Senato attraverso primarie. Ora sembra cambiare idea, con la motivazione, più o meno pretestuosa, che non ci  sarebbe tempo.

Ma come? Una questione così decisiva e discriminante – tra una concezione proprietaria e quella democratica dei partiti – viene abbandonata perché “non ci sarebbe tempo”?

Tutti capiscono che è solo un problema di volontà e di scelta.

Basterebbe ripetere le primarie con le stesse identiche regole del 25 novembre e 2 dicembre scorsi, con il vantaggio che chi abbia votato almeno una volta in quell’occasione potrebbe non avere più il bisogno di registrarsi. Per il resto basterebbe definire un regolamento semplice, organizzando la consultazione su base provinciale come proposto da Civati e Vassallo o ancora meglio – è un’idea che lancio adesso – ripescando i collegi della legge elettorale maggioritaria-uninominale in vigore fino al 2005 quando la maggioranza Berlusconi-Bossi-Casini-Fini la buttò nel cestino (nonostante fosse frutto di un referendum quasi plebiscitario) per infliggere al  centrosinistra di allora e al Paese il “Porcellum” che oggi indigna tutti ma che ci ritroviamo ancora tra i piedi.

Bersani abbia un sussulto di dignità e di responsabilità. Si dimostri all’altezza del leader che ha vinto le primarie e le decida senza indugio anche per selezionare la maggioranza parlamentare che dovrà sostenere il suo Governo.  Diversamente farebbe arretrare il Paese, il suo partito e la qualità complessiva della democrazia ai livelli voluti da Berlusconi che infatti ha percorso la scorciatoia del ricorso anticipato alle urne per fare saltare una possibile riforma elettorale (pessima quella sul tavolo, ma comunque con le preferenze) oltre alla legge sull’incandidabilità dei condannati.

Dentro il Pd una parola chiara dovrebbe dire anche Renzi il quale, alfiere del rinnovamento e rottamatore della nomenclatura, non può rimanere in silenzio mentre essa tenta di riproporsi in massa dopo trenta o quarant’anni di occupazione permanente a palazzo Madama o Montecitorio, per di più infarcendo il Parlamento di nominati.

Lo stesso appello va rivolto a Vendola. Il “campione” delle primarie, il leader della Sinistra che scalda i cuori ed accende la speranza, non può rassegnarsi al “Porcelum”  senza battere ciglio. Sproni Bersani, nel caso di una lista unica (ci sarebbe già il nome, proprio quello delle primarie per la premiership, “Italia Bene Comune”) a fare la scelta giusta e, comunque, la faccia per se, per Sel, anche in segno di rispetto di quel 15 per cento di elettori che lo hanno votato.

Ma la straordinaria esperienza di democrazia che è stata “Italia Bene Comune” non può finire con la compilazione di liste a tavolino affidata ad un manipolo di dirigenti nel chiuso di una stanza come nel 2006 e nel 2008, quando, pur vittime della “porcata” inflitta dal centrodestra, l’Unione di Prodi prima e l’alleanza Pd-Idv di Veltroni dopo nulla fece per affidarsi a procedure di selezione dal basso dei candidati.

Se, per assurdo, dovesse finire così anche questa volta, perfino le “parlamentarie”-farsa del M5S porrebbero Grillo su un piano di maggiore credibilità. Con la conseguenza che una gran parte dei consensi che, oggi, sono potenzialmente destinati ad andare alla coalizione progressista, sarebbero dirottati altrove o risucchiati nell’astensione.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it