EROS

 “Da lungo tempo, gli uomini parlano senza paure e apertamente di erotismo”. Con queste parole Georges Bataille introduce il suo seminale L’erotismo, opera controversa di un autore “scomodo” che ha segnato il dibattito sui limiti della scienza quando l’oggetto delle sue indagini è l’uomo. In realtà, è sempre più irrinunciabile porsi la domanda se il parlarne tanto – dell’erotismo e della sessualità in genere – non sia anch’esso una particolare e sotterranea declinazione del potere, che si insinua nelle pieghe più private dell’esistenza umana, dispiegando i suoi meccanismi conoscitivi con l’obiettivo di allargare l’area del controllo. Come fra l’altro ci insegna il grande Foucault, specie nel suo Volontà di sapere. Una peculiarità del pensiero di Bataille è la connessione strettissima fra l’erotismo e le religioni, che si condensa intorno al concetto del sacrificio .

Nei medesimi paraggi, ma in una cornice culturale caratterizzata dal formalismo della società nipponica, si muove la poetica dell’Impero dei sensi, del sottovalutato Nagisa Oshima. Una discesa nel baratro dentro cui i protagonisti della storia (tratta da un caso di cronaca vera) si lasciano scivolare, in un crescendo di tragica commistione fra eros e morte. Il film, che fu presentato a Cannes nel 1976, ebbe un clamoroso successo durante l’edizione del festival e produsse un certo clamore, soprattutto nei paesi a più alta concentrazione di prurigine come il nostro. Di ambientazione teatrale, l’opera sviluppa con il magnetismo e l’ipnosi delle immagini proprio il pensiero di Bataille sulla labilità dei confini fra erotismo, sacrificio, trasgressione e morte.

Non si tratta – come è ovvio – di scegliere una musica “erotica”, dal momento che forse tutta la musica lo è, nella misura in cui chiama in gioco l’interconnessione fra il corpo e la mente (che cos’è l’erotismo se non la gestione mentale del corpo?). C’è tuttavia una musica che esprime una forma di erotismo più “gridato”, esplicito, anche se non nel modo figurativo in cui può farlo la pittura o il cinema: questa musica è il rock, quello per intenderci che quel gran genio di Hendrix faceva persino intorno all’inno americano. A rischio di opinabilità, propongo il Comes Alive di Peter Frampton, storico doppio live del chitarrista degli Humble Pie. In particolare il brano che ha dato fama imperitura a quel personaggio un po’ androgino che suonava la chitarra come probabilmente amava le sue donne: Do You Feel Like We Do, con quel torrido giro chitarristico universalmente conosciuto come “la chitarra parlante”. Un lungo coito musicale.

 

 

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