È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
CHI VINCERA’
28 Lug 2013 10:03
Non si prevedono tempi brevi per la definitiva soppressione delle province, a meno di fatti nuovi nel panorama politico nazionale e regionale.
Tutto è avvolto nel caos e comincia a trapelare una incapacità di fondo della politica e dei suoi attori per venirne a capo. Questo si deduce dalla assoluta mancanza di proposte, che non può essere solo volontà e tentativo di lasciare le cose come stanno.
Per la peculiarità della Regine Siciliana e del suo Statuto speciale, l’iter siciliano si nuove su un binario diverso da quello nazionale.
La Corte di Cassazione ha giudicato incostituzionale il provvedimento messo su dal precedente governo, ma come avviene, da sempre, in Italia, si sta provvedendo con maestria politica a riproporre tutto avendo l’accortezza di sfuggire, almeno per il momento, agli strali della Cassazione.
Insomma i soliti traccheggi da repubblica delle banane, come è sempre avvenuto, per esempio, con i referendum.
la Cassazione vieta l’abolizione delle Province in quanto previste dalla Costituzione, si provvede allora a stilare una legge dove la parola provincia non compare, in pratica si aggira l’ostacolo con una trovata che, per ora, vuole svuotare gli enti periferici di ogni mansione.
Anche a Roma ci si muove su un doppio binario: da una parte un disegno di legge costituzionale che dovrà cancellare la parola “Province” dalla Costituzione. Nelle more il disegno di legge “recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e fusioni comunali”
La linea è di trasferire le competenze dalle Province alle Città metropolitane, nel caso dei grandi centri, o alle Unioni di Comuni. Dal primo gennaio 2014 a fianco delle Province-zombie (che resistono finché non cambia la Costituzione) nasceranno finalmente le Città metropolitane, rimaste sulla carta per oltre 20 anni: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Nei primi sei mesi di vita devono soltanto approvare lo statuto poi, si spera, le Province svaniranno e si prenderanno altri poteri.
Invece che consiglieri provinciali, giunta, presidente ci sarà semplicemente una riunione dei sindaci dei Comuni dell’area della Città metropolitana. Quindi niente elezioni provinciali, niente stipendi dei consiglieri, niente poltrone da assessori. Il Sindaco dell’Unione di Comuni dovrebbe essere il Sindaco del Comune capoluogo e il Consiglio dovrebbe essere eletto dai consiglieri comunali del territorio.
Unico dato positivo: la doppia carica non prevede doppio stipendio.
Certo un meccanismo che sembra complicato e che non pare elimini del tutto trattative e traccheggi politici per la conquista del potere, anche ridimensionato.
Naturalmente tralasciamo di considerare se le Province restano in Costituzione anche alla fine della fase transitoria, o se non parte il meccanismo di riforma.
La Sicilia un’sola felice , o no ?
Per il presidente del gruppo Pd, Baldo Gucciardi, per il vice presidente della commissione affari istituzionali, Giovanni Panepinto ed per parlamentare Gianfranco Vullo, “Il pronunciamento della Consulta non influirà sulla riforma della Province già avviata in Sicilia, dal momento che la nostra è l’unica Regione nella quale la creazione dei consorzi di comuni era già prevista nello Statuto. Nessun allarme, dunque, né per il processo di riforma né per i dipendenti”
“Entro il 31 dicembre (ndr: !?!), così come previsto, – proseguono – la riforma organica delle Province diventerà operativa con la nascita dei consorzi dei Comuni. Il gruppo Pd all’Ars è già a lavoro per contribuire a definire un testo che tenga conto di ogni aspetto della riforma con particolare attenzione alla fase transitoria, alla distribuzione delle competenze ed alla tutela del personale. Presto – concludono – sarà presentata una proposta formulata al termine di un percorso che ha visto il Pd confrontarsi con soggetti, enti e rappresentanti dei lavoratori”.
Perché in Sicilia non si può adottare lo stesso trattamento ‘nazionale’ ?
Per il semplice motivo che ad essere annullata dalla Consulta non è la legge regionale ma la legge statale. Peraltro, bisogna aggiungere che l’ordinamento siciliano non prevede, come nel resto d’Italia, le Province ma i Liberi consorzi di comuni.
Inoltre, come sottolineato dal Dott. Massimo Greco, componente del gruppo di studio regionale sul riordino dell’ente intermedio, subito dopo il pronunciamento della Consulta, a leggioggi.it, le ricadute sull’ordinamento siciliano. come già affermato dall’Alta Corte per la Regione Siciliana nel 1955, gli articoli 114, 118, 128, 129 e 133 della Costituzione non sono applicabili per la Sicilia date le speciali disposizioni degli articoli 15 e 16 dello Statuto, che facendo parte delle legge costituzionali della Repubblica ai sensi e per gli effetti dell’art. 116 della Costituzione prevalgono, per un principio generale, sulle disposizioni diverse della stessa Costituzione.
Quindi si continuerà lo studio per arrivare ad una riforma del sistema regionale delle autonomie locali che passi, auspicabilmente, attraverso l’adeguamento dello Statuto.
In assenza di una modifica dello Statuto, qualunque ipotesi di riforma dell’ente intermedio oltre a rischiare di rappresentare un corpo estraneo all’ordinamento degli enti locali, rischia di inciampare sull’incostituzionalità.
Il gruppo di lavoro regionale sta valutando anche l’opportunità di rinviare la scadenza del 31 dicembre 2013, pur di arrivare con una riforma completa e inattaccabile sia sul piano della coerenza ordinamentale che su quello della conformità costituzionale/statutaria. In ogni caso sarà consegnata, entro l’estate, una proposta al Governo Regionale, ma la decisione finale spetterà ai 90 inquilini dell’ARS che potranno razionalmente rivedere la posizione fin qui assunta a maggioranza.
Il Presidente Crocetta ostenta certezze sull’argomento, anche se per il personale si è rivolto al Governo nazionale, minacciando, in caso di mancata assistenza, il mantenimento a vita dei Commissari regionali.
Covano sempre sotto la cenere dell’incendio che ha raso al suolo le province, le malcelate rivendicazioni di carattere territoriale che sono state bloccate sul nascere dalle dichiarazioni sul mantenimento, in ambito territoriale, del capoluogo come Comune capofila del Consorzio di riferimento, anche se erano stati lasciati spiragli per qualche estensione delle attuali divisioni territoriali che, si ipotizzava potevano passare da 9 a 10 o 11.
Diverse sono le ambizioni, in tal senso, in Sicilia, non solo nel nostro piccolo dove qualcuno già avanzava pretese per Modica: Caltagirone, Sciacca, Noto, Termini Imerese, Mazara del vallo, Canicattì, e altri grossi centri possono ambire a costituire realtà territoriali a sé.
Per non parlare di Gela, patria di Crocetta, per cui diverse erano le motivazioni per ambire ad una promozione: ma su cui è arrivata la doccia fredda di Giancarlo Cancelleri, coordinatore del Movimento 5 Stelle di Palazzo dei Normanni, che ha tracciato il nuovo confine della riforma. “I liberi consorzi saranno nove, ricalcando l’attuale territorialità”, “E’ fuori discussione la creazione di quello di Gela o altri carrozzoni”, ammettendo, implicitamente, che i Consorzi potrebbero rivelarsi ennesimi carrozzoni, nuovi centri di potere”.
Fra Caltanissetta, capoluogo, e Gela si combatte da sempre una guerra fredda, che Gela ha vinto moralmente emancipandosi con il Tribunale, con un maggior numero di abitanti, più parlamentari, più uomini politici emergenti.
I nisseni stanno in guardia perché la nuova riforma potrebbe impoverire ulteriormente la città, che già in passato ha visto morire l’industria mineraria 0mentre a Gela nasceva il petrolchimico.
La querelle del centro Sicilia incuriosisce, noN tanto per i protagonisti, quanto per quelli che potranno essere anche gli sviluppi futuri, anche sulla base delle tante possibili rivendicazioni.
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