È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
L’ACQUA E IL VINO
12 Set 2013 05:54
L’attuale governo detto delle “larghe intese” fra Pd e Pdl per generale ammissione non è destinato a durare nel tempo e non costituisce nella sostanza una voluta intesa fra quanti nel febbraio scorso sono andati a votare. Nasce dall’impossibilità di un accordo fra Grillo e Bersani.
L’alternativa poteva essere data solo con il ritorno alle urne per una possibile maggioranza diversa, ma sempre con il Porcellum ufficialmente criticato da tutti, ma – bisogna pur dirlo – amato nella sostanza da molti.
Una coalizione partitica comporta una maggiore o minore compatibilità programmatica fra le forze politiche. Nella normalità i partiti che trovano l’intesa rinunciano in parte a quelle finalità di risultato che ritengono meno importanti al fine di poter trovare quell’accordo che consente loro di poter governare, ma esiste pur sempre un comune orizzonte ideale e politico che è la colla nella realtà contingente da cui si genera la scelta di governare assieme.
L’attuale governo è privo di questa sostanza unificante. I due partiti che lo compongono si sono avversati per un ventennio e, a fasi alterne, si sono dati il cambio nel governo del Paese. Appare, quindi, riflettente che provvedimenti di elevata incidenza nella struttura governativa, economica e sociale non possono essere adottati e ciò per la differente coloritura finalistica e programmatica che li contraddistingue.
In linea generale dovrebbe essere proprio così e quindi ci si dovrebbe aspettare un termine temporale per la caduta del governo. Non appare, però, che questo possa succedere da un giorno all’altro come pare di capire dagli interventi che in tutti i mezzi di comunicazione taluni politici preannunciano che possa succedere. Non è pure convincente farci ricordare che mescolare assieme vino e acqua non ne viene fuori una bevanda migliore dei suoi componenti, senza con questo voler dire che uno dei due componenti è migliore dell’altro.
Le grandi riforme sono il derivato operativo e fattuale di una precisa idea politica che la differenzia dalle altre e che, in quel determinato periodo storico, in una democrazia parlamentare il popolo ha ritenuto di scegliere preferendola ad un’altra.
Sempre nel febbraio scorso in occasione delle elezioni gli elettori dell’una o dell’altra parte politica non hanno depositato nell’urna il loro voto sperando di poter dar vita ad un governo Pd-Pdl.
In tutti i dibattiti televisivi, i rappresentanti politici dei due partiti si lottano costantemente e ciò per la semplice ragione che esprimono idealità diverse e a conclusioni differenti non si può pervenire, anche se per taluni provvedimenti trovano una comune intesa.
Non sembri in contraddizione con quanto sopra un’ulteriore riflessione che induce a sostenere che, non ostante tutto, è alquanto improbabile che all’attuale governo possa venire a mancare l’appoggio del Pdl. Se ciò dovesse accadere a subirne il maggiore danno sarebbe proprio il partito di centro destra. Si potrebbero, infatti, verificare due ipotesi: nuove elezioni con una legge elettorale modificata oppure un Letta bis con il coagulo di una ventina di senatori per raggiungere la maggioranza richiesta al Senato.
Questa seconda ipotesi creerebbe un governo di certo non vicino al Pdl che, anzi, potrebbe essere di continuo costretto ad opporsi a provvedimenti di natura economica a programmatica di certo non allineati con le sue finalità partitiche. Con la prima ipotesi potrebbe venir fuori una legge elettorale diversa dall’attuale e sicuramente non avente una conformazione strutturale ed operativa consona a quella modifica costituzionale diretta a dar vita al semipresenzialismo quale modello elettorale diverso dall’attuale bicameralismo ritenuto un organo legislativo lento ed eccessivamente burocratizzato che costringe, non di rado, il governo all’adozione di decreti legge a cui in via normale non dovrebbe far ricorso, tranne casi eccezionali o di urgenza.A non rendere realistica la minacciata avvisaglia di staccare la spina concorre la reale preoccupazione di blocco di quella, sia pur minima, ripresa economica che fonti governative si annunciano come in corso.
Un paese senza governo e con nessuna possibilità di alternanza duratura renderebbe ancora più grave la crisi economica che in atto viviamo che, oltre tutto, darebbe maggior vigore di incremento elettorale a chi di questo disagio ne ha usufruito.
Non va dimenticato lo stato di disoccupazione di cui soffre 5 milioni di italiani e di un altrettanto numero di altre persone aspirate, giorno dopo giorno, dalla povertà.
Affrontare, per diminuirne la drammaticità, tali situazioni di vita servono interventi radicali nella struttura pubblica e privata della nostra società a dimensione nazionale e pari prospettazioni di intervento a livello comunitario. Le imprese che chiudono o, potendolo fare, delocalizzano le loro attività rappresentano a chiunque uno status che non è transeunte ma indice di un decadimento economico e strutturale di grande preoccupazione che si ripercuote non solo in noi che in atto lo viviamo, ma è ancora più grave per le generazioni future.
Il nostro inserimento in un contesto molto più economico che politico di natura soprannazionale ci ha fatto dimenticare quando il nostro prodotto interno lordo si stabilizzava ogni anno attorno al 6 per cento e a beneficiarne, anche talora in modo spropositato, eravamo un po’ tutti a goderne. C’era un debito pubblico ad un di presso stimato, con la nuova moneta, di poco superiore ai 200 miliardi di euro. Un barile di petrolio greggio nel 1970 superava di poco il costo di 5 dollari. Ora ha sfiorato anche i 150 dollari ed ancora ora bisogna fare i conti con la globalizzazione, con i sistemi mediatici e di larga comunicazione che ci fanno vedere pure la guerra in diretta televisiva.
Questo governo aveva preventivato una sua stabilità non inferiore a 18 mesi, perché si rendeva perfettamente conto che l’acqua e il vino non possono mescolarsi per un tempo indefinito. Si ritornerà a bere o l’acqua o il vino fra non molto ma di certo non subito.
L’analisi politica non è una scienza esatta e per sincera modestia ci si può anche sbagliare, ma in atto appare più probabile che almeno per un altro anno ci tocca bere, mescolati assieme, acqua e vino.
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