È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
LA LUCE E IL BUIO
09 Nov 2013 06:36
La stagione dell’umanità che ha nome illuminismo, che si dispiega sul XVIII secolo, suggella il passaggio definitivo dalla modernità alla contemporaneità e prelude alle grandi conquiste dell’800.
Il grande filosofo Immanuel Kant diede il massimo contributo di quel secolo al riscatto definitivo della ragione e dell’intelletto dalle catene della superstizione e dell’ignoranza: la sua Critica della Ragion Pura illumina la scena del pensiero umano gettando le basi per una definitiva considerazione laica, oggettiva e positiva della mente, precorrendo ampiamente i tempi della nascita di una scienza a lui successiva come la psicologia.
La fiducia nella potenza dello spirito umano, nella sua capacità di padroneggiare la realtà con gli strumenti della scienza, la fede in un ordine assoluto quale quello che può discendere solo dall’applicazione corretta del linguaggio universale della matematica impronta tutta l’opera monumentale del grande Johann Sebastian Bach, alle cui Sonate per Violino e Piano è intitolato l’ultimo album classico di Keith Jarrett, da poco pubblicato. Il pianista di Allentown, che frequenta ubiquamente gli spazi austeri della tradizione classica europea e quelli mobilissimi del songbook americano trasfigurato in chiave jazzistica, è per l’occasione accompagnato dalla violinista Michelle Makarski.
Lo stesso rigore, la stessa passione per la matericità e l’ordine della vita umana, troviamo nel capolavoro di Kubrik Barry Lindon, dai più indicato come la più grande e significativa rappresentazione cinematografica del settecento.
L’operazione filmica di Kubrik è di una modernità disarmante: l’approccio allo spirito di quel secolo è pittorico e insieme antropologico. Schegge di quotidianità e di umanità sono continuamente affogate nella descrizione di una storia sontuosa, piena di passaggi epici. Non è forse un caso che il gioco inesausto fra la luce e il buio, che caratterizza quella stagione dell’umanità, è risolto dal maestro con l’adozione di alcune soluzioni tecniche che hanno fatto di questo film un monumento della cultura: luce naturale, candele, lenti speciali usate fino ad allora solo dalla NASA nei suoi progetti spaziali, e così via.
Quadri pastellati, brumosi che costruiscono, con la geometria inesorabile della regia, l’esatta dimensione della vicenda umana, già proiettata nella modernità dei linguaggi e dell’individualismo ma ancora tanto dolorosamente frenata dalle ubbie di un mondo aristocratico in attesa dell’avvento di Robespierre.
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