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DONNA FABER
16 Nov 2013 06:09
Le sale di Palazzo Ducale si aprono, tra le altre esposizioni, alla fotografia.
La mostra, dal titolo Donna Faber, non è solo una sequenza di scatti, al contrario, presso lo Spazio 42R (cortile maggiore di Palazzo Ducale), le magnifiche fisionomie immortalate, sono supportate e accompagnate dallo studio sociologico coordinato dalla professoressa Emanuela Abbatecola.
Quando corpi sessuati attraversano i confini invisibili, simbolicamente invalicabili, che disegnano il mercato del lavoro, il sessismo, sempre presente, ma solitamente impalpabile e silente, riemerge con forza come per ristabilire un ordine violato.
Donne e uomini che scelgono (o si trovano) in lavori culturalmente non conformi al proprio genere, violano un dominio simbolico non scritto, in entrambi i casi mettendo in discussione il potere del maschile sul femminile, come se tale dominio fosse indebolito dalla contaminazione con il femminile in ambiti non neutri. Uomini e donne possono ormai convivere in molti settori, quelli delle zone grigie di un ipotetico continuum, purché simbolicamente divisi da riconoscimenti differenziati (retribuzioni, mansioni, possibilità di carriera), ma ci sono delle aree estreme, quelle appunto dei lavori da donne e dei lavori da uomini, che la società vorrebbe pure. Il caso o la scelta, inducono alcune persone a travalicare questi limiti, e la società reagisce per rimettere ordine. Ma la reazione cambia in base al genere di chi viola le regole.
Cosa succede, dunque, alle donne che sfidano l’ordine simbolico valicando questi confini tanto invisibili quanto persistenti?
Cosa significa essere donna in lavori che la società si ostina a pensare e a rappresentare come maschili. “Lavori da uomini”?
La mostra, che si terrà dall’8 al 24 Novembre, è patrocinata dal Comune di Genova, frutto del lavoro tra il Laboratorio di Sociologia Visuale dell’Università di Genova e l’Associazione Culturale 36° Fotogramma, in collaborazione con AG About Gender.
28 scatti fotografici per indagare sul sessismo nel mondo del lavoro e sulle difficoltà incontrate dalle donne nei lavori che la società continua a rappresentare come maschili, ritratti ambientati di donne impiegate in lavori “da uomini” .
Xian è direttrice dell’orchestra sinfonica Giuseppe Verdi di Milano, Irene è un falegname, Annalisa un ingegnere meccanico, Patrizia fa la minatora, e per scattare le tre foto che la ritraggono i fotografi sono scesi fin nelle viscere della terra. Valentina è maestra d’ascia, un mestiere antichissimo che prevede la costruzione della struttura delle barche, senza ausilio e aiuto alcuno. Rossana è tipografa, mentre Monica e Marzia fanno le camioniste, Ilaria pilota elicotteri. Il suo viso, infatti, non si vede nelle istantanee perché coperta dal casco integrale e dagli occhiali. Antonella è vigile del fuoco, e non è la sola. La lista è lunga, ci sono spleleologhe, un’addetta al pronto soccorso in mare, una pizzaiola, una guida alpina e una viticultora.
Erika è la fabbra riproposta in locandina. Un viso pulito, semplice e profondamente espressivo, esaltato dall’opzione del bianco e nero del fotografo Federico Montaldo.
C’è anche una “crane driver”, ovvero la guidatrice dei mezzi utilizzati per spostare gli enormi container.
Ricercare e contattare queste donne è stato a volte semplice, a volte segno del caso o del destino, altre volte estremamente arduo.
I bianchi e neri intervallano le foto a colori, nessun dettaglio è trascurato e la capacità di cogliere l’espressività dei volti è stupefacente.
Sono riprese nel loro contesto lavorativo, e una serie di interviste, di cui vengono proposti in mostra alcuni estratti recitati sulle immagini, accompagnano il visitatore.
Un vero e proprio reportage, nato dall’imput degli studi dell’esplorazione sociologica e realizzato con l’ausilio del 36° Fotogramma, Un’Associazione Culturale nata a Genova nel 1974, su iniziativa di un gruppo di fotoamatori genovesi guidati da Roberto Malatesta, Carlo Peritore e Lorenzo Ferrando.
Grazie alla propria intensa attività – espressa attraverso mostre collettive e personali, concorsi, pubblicazioni, collaborazioni con enti pubblici e con figure di spicco della fotografia genovese – si colloca ben presto tra le più feconde associazioni culturali cittadine.
Recentemente alcuni soci hanno partecipato a dei workshop con Ivo Saglietti, ed è oggi riconosciuto dalla FIAF, oltre ad essere insignito del titolo Benemerito della Fotografia Italiana. Onorificenza che viene concessa a chi ha dimostrato nel tempo di aver operato a favore della fotografia in ambito organizzativo, culturale e tecnico, con particolare attenzione alla collettività nazionale e della Federazione.
Immagini, quelle che compongono l’allestimento realizzato per Donna Faber, che portano conoscenza ma anche qualità negli scatti, oltre a sottolineare la misoginia che, ancora alla metà del 21° secolo, attanaglia la società contemporanea.
L’esposizione resterà aperta fino al 24 Novembre 2013 e l’ingresso è gratuito.
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