“LA VITA DI ADELE”

 

Si è svolta ieri al cinema lumière la prima e unica proiezione del film “La vita di Adèle”, film di Abdellatif Kechiche, vincitore della Palma d’Oro al festival di Cannes 2013: una prova cinematografica geniale, in cui la pellicola diventa un mezzo psicanalitico da riversare crudelmente e passionalmente all’osservatore-spettatore.
Ci si imbatte in inquadrature che catturano l’intero processo psicologico interiore, alti e bassi emozionali, ricerca della vera identità non solo personale ma anche sociale. La protagonista Adèle si ritrova a fare i conti con se stessa fin da subito, quando la scoperta e l’appagamento sessuale la portano a fare delle scelte che comportano un rischio di giudizio e di isolamento. Le sue prime esperienze sentimentali  si orientano sul sesso opposto, come società e schemi associativi presuppongono che sia, in realtà dentro sé stessa emergono verità discordanti con l’atto pratico che la coinvolge. L’incontro fisico con un ragazzo della scuola la porta a non sentirsi appagata e soddisfatta, cerca altrove la sua linfa vitale trovandola in Emma: un’artista lesbica che viene attratta fin da subito dalla giovane donna, come se una vibrazione nucleare le spingesse l’una verso l’altra: due entità diverse ma al tempo stesso così in sintonia fra di loro.

Incomincia fra le due donne una forma di indagine interiore che sfocia nell’atto ossessivo e carnale del rapporto sessuale, in cui la passione e l’eros diventano principio di creazione paradisiaca dei sensi, tutto si perde e si annulla in una morsa d’infernale perdizione.

Emma, amante della filosofia e delle sue elucubrazioni mentali, si lascia andare ad un modus vivendi che ne prenda le sembianze: “Scegliere ciò che ci appartiene svincolata da un principio superiore”; Sartre è il suo maestro di vita che la porta a vivere le sue scosse interiori andando contro ogni forma di iter associativo. In Adèle si riscontra un coraggio che buca lo schermo e che si fa carico di tutti gli scompensi emotivi che la investiranno, prima durante e dopo la storia con Emma; perderà parte di se stessa per raggiungere la consapevolezza del sé, scoprirà il vuoto interiore che apre un cratere di disperazione e solitudine. Adèle senza la propria amata raggiunge uno stato di angoscia e di senso di smarrimento; la pellicola diventa il fruitore insaziabile ed eccessivo di angoscia emotiva, sbatte addosso allo spettatore tutto il turbamento e il buio che investe la protagonista. Un amore lesbo fatto di connessione sessuale ma non intellettuale, in cui corpi si fondono ma menti non riescono a trovare un senso razionale; una passione nel suo  pantragismo che scatenerà azioni folli ed eccessive, di rifiuto e di appartenenza, di disperazione e di stasi dell’essere. La frase d’addio di Emma per Adèle: “Per te provo una grande tenerezza che mi porterò dentro per tutta la vita”, evince il legame indissolubile, di esperienza filtrata in pelle, mente e anima: indimenticabile ma senza più ragione d’esistere.

Un film impegnato che vale la pena vedere per il suo spirito di libertà e di provocazione sociale.

 

Federica Siciliano

Referente Giovannella Galliano  giornalista

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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