VALIDATO IL NUOVO TEST NON INVASIVO PER LE ALTERAZIONI CROMOSOMICHE DEL FETO

Grazie ad una ricerca tutta italiana, con una certezza che sfiora il 100%, si potranno avere informazioni riguardo a possibili anomalie genetiche dell’embrione con un semplice prelievo di sangue della futura mamma.

Il test, denominato PrenatalSAFE, è stato sviluppato presso il LaboratorioGENOMA di Roma; permette uno screening a tutto tondo dell’intero genoma fetale, avvalendosi di nuove e più sensibili tecnologie rispetto al passato. Lo studio è stato validato su oltre 1600 casi con una accuratezza quasi assoluta e dopo alcuni anni è stato finalmente messo a punto il protocollo esecutivo.

Per valutare se il feto ha patologie genetiche dovute ad alterazioni cromosomiche, oggi viene utilizzata l’amniocentesi che prevede il prelievo del liquido amniotico; questa tecnica però  è invasiva  per la madre determinando una percentuale di rischio di aborto (seppur bassa) ed inoltre un onere di carattere economico.

Il nuovo test prenatale è invece non invasivo poichè si analizza il DNA fetale circolante nel sangue materno.

«Oltre a nessun rischio per il feto – spiega Francesco Fiorentino, direttore del laboratorio che ha messo a punto il test – PrenatalSafe dà la certezza di risposte veloci e chiare, con campioni analizzati direttamente in Italia e refertati in italiano. Un vantaggio non di poco conto, che permette di ridurre i tempi di risposta (7 giorni lavorativi al massimo) ma anche il rischio che i campioni si deteriorino, sottoposti a lunghi viaggi».

«Il test viene eseguito mediante il prelievo di un campione ematico della gestante con un età gestazionale di almeno 10 settimane. Tramite un’analisi complessa di laboratorio, il DNA fetale libero circolante è isolato dalla componente plasmatica del sangue materno. Successivamente, attraverso un processo tecnologico avanzato di sequenziamento massivo parallelo (MPS) dell’intero genoma umano, che impiega tecniche di Next Generation Sequencing (NGS), le sequenze cromosomiche del DNA fetale vengono quantificate mediante sofisticate analisi bioinformatiche, al fine di determinare la presenza di eventuali aneuploidie cromosomiche». Nello specifico questo esame valuta la presenza di aneuploidie fetali comuni in gravidanza, quali «quelle relative al cromosoma 21, Sindrome di Down o Trisomia 21 (la più comune delle anomalie genetiche rare, 1 caso ogni 700 nati), al cromosoma 18, Sindrome di Edwards o Trisomia 18 (1 caso su 6 mila nati), al cromosoma 13, Sindrome di Patau o Trisomia 13 (1 caso su 10mila) e dei cromosomi sessuali (X e Y), quali per esempio la Sindrome di Turner o Monosomia del cromosoma X,  la Sindrome di Klinefelter e la Sindrome di Jacobs. Il test prevede anche l’opzione di un approfondimento diagnostico di secondo livello, che consente di individuare la presenza nel feto di alterazioni cromosomiche strutturali ed alcune comuni sindromi da microdelezione/microduplicazione. Il test – sottolinea Fiorentino – dà la possibilità di verificare anche la presenza di alterazioni cromosomiche strutturali e sub-microscopiche, come la Sindrome DiGeorge, Cri-du-chat o Prader-Willi/Angelman» (www.laboratoriogenoma.eu)

Va specificato che si tratta di un test di screening  e non diagnostico, per cui nel caso risultasse “positivo” la madre dovrebbe  eseguire gli esami prenatali invasivi tradizionali.  Innovativi i vantaggi di sicurezza ed attendibilità.

                                                                              

 

 

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