IL VALORE DI UN BENE IMMATERIALE: LA FIDUCIA

L’Italia ha bisogno di una “nuova frontiera”: la fiducia in un progetto condiviso che tracci una strada da percorrere con determinazione per uscire dal guado in cui ci ha gettato una crisi grave certamente, ma anche sottovalutata dapprima, e subita, perchè non realmente affrontata, poi.  L’insipienza politica ha portato la nostra classe dirigente nazionale ad arrendersi ormai da anni davanti alla difficoltà di varare riforme in un’Italia sempre “contro”, sempre intimorita dai cambiamenti, denunciati come catastrofi, sospettosa di ogni nuova proposta, avvertita come un inganno a danno di questo o di quel gruppo sociale.

Tanta diffidenza e tanta sfiducia trovano certamente serie motivazioni, ma oramai rischiano di diventare esse stesse il più grave freno alla prospettiva di rimettere in moto il sistema-Paese.

Ogni opposizione, nei comuni, nelle regioni, nel parlamento, ritiene suo dovere criticare sempre e integralmente l’operato di chi governa, contrapponendovisi in modo netto e perentorio. Ogni maggioranza, con lo stesso stile, reputa arrogantemente di non dover prendere in considerazione proposte e spunti dalle opposizioni. Questo screditarsi a vicenda non fa che ottenere un fine che danneggia tutti: la totale sfiducia popolare nella classe politica e la stanchezza di seguirne le rivalità su tutto, tranne che sulla difesa dei privilegi della casta.

Ecco imperare demagogia e disfattismo. Risolvere i problemi della comunità? Pensiero non pervenuto!

Lo vediamo a Ragusa, dove le novità iper-annunciate dal M5S sembrano tradursi solo nel disfare ciò che era stato progettato in precedenza e nel mettere a tacere le opposizioni. Lo vediamo a Palermo, dove le preoccupazioni maggiori riguardano la conquista di un posto in giunta, per   le forze di maggioranza, e per le minoranze dilatare i tempi di approvazione di ogni atto di governo con un diluvio di parole ripetitive. Lo vediamo, ancor di più, a Roma, dove il dibattito politico si esaurisce nella stanca ripetizione degli insulti agli avversari.

Abbiamo bisogno, quindi, di una “nuova frontiera”: la moralizzazione della vita pubblica, lo snellimento delle istituzioni, gli investimenti sull’istruzione e sull’economia reale. Quattro punti inderogabili per aprire prospettive per i nostri giovani, vero punto focale del progetto condiviso che auspico.

Lascio l’analisi dei provvedimenti sui tagli e sulla ripresa proposti da Renzi agli economisti, ma sottolineo che il suo stile, oggetto delle critiche di tanti giornalisti e politici, come capita a ogni leader che emerga al di sopra della “calma piatta”, almeno un merito lo ha: parlare un linguaggio nuovo, il linguaggio della fiducia in un’Italia che può farcela e che  vuole affrontare in tempi brevi questioni di cui si parla da anni, ma senza poi decidere nulla.

Non so se Renzi realizzerà quanto promette. So che l’Italia ha bisogno del coraggio di osare e decidere da parte di chi governa ma, soprattutto, ha bisogno di tornare a credere in se stessa, nelle capacità e competenze di tanti nostri imprenditori e lavoratori, nella possibilità di rialzarsi anche stavolta, come in tanti altri momenti drammatici della  sua storia. Nessuno, però, ce la farà da solo.

 

 

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