RIFORMA DEL SENATO

La riforma costituzionale varata dal Governo Renzi è sicuramente importante per la nostra democrazia, specialmente se si inquadra nella forma di Stato vigente in Italia; un sistema bicamerale come il nostro è più opportuno, per un bilanciamento dei poteri, in una Repubblica presidenziale ( vedi Stati Uniti, Francia, etc.) , ma è sovrabbondante nella nostra Repubblica parlamentare e si giustifica soltanto con una Carta Costituzionale scritta dopo il fascismo.

Ben venga quindi una riforma, ma quale?

Quella disegnata dal Governo Renzi mi appare come una riforma a metà, più o meno come la tanto sbandierata riforma delle Province.

Un vecchio adagio siciliano recita: il medico pietoso rende la piaga dolorosa; i problemi vanno affrontati alla radice, se veramente si vogliono tagliare i costi della politica e si vuole rendere più snello e funzionale il procedimento legislativo.

Il disegno di legge prevede che il Senato conservi ancora una potestà legislativa (leggi costituzionali, proposte di modifica delle leggi approvate dalla Camera), sia protagonista nei momenti importanti della vita dello Stato (elezione del Capo dello Stato, della Consulta, del CSM) e assorba funzioni ora svolte da altri Organismi, quali ad es. la Conferenza Stato, Regioni e Autonomie.

Il Senato ha quindi, in questo d.d.l., ancora un ruolo importante che necessita, da parte dei senatori, di un impegno costante nel  tempo, con lunghi soggiorni a Roma, pressappoco come    ora ,e, così come ora, i senatori avranno bisogno di avvalersi di una lunga schiera di burocrati e collaboratori.

Ed allora, ciò premesso, vediamo quale risparmio di spesa e quale efficienza può aversi in un Senato così ridisegnato.

Del Senato, come è noto, faranno parte Presidenti di Regione, Sindaci dei capoluoghi di Regione, due consiglieri regionali e due sindaci per ogni Regione, 21 uomini illustri nominati (per sette anni) dal Presidente della Repubblica e gli attuali Senatori a vita; non sono previste indennità.

Una prima obiezione è che, in questa maniera, verranno rappresentate egualmente Regioni grandissime quali la Lombardia, la Campania e la Sicilia e Regioni piccole o piccolissime quali la Val d’Aosta, la Liguria, la Basilicata, l’Abruzzo e il Molise; c’è da chiedersi se non sia opportuno ridisegnare le Regioni, accorpando le più piccole, eliminando i tanti sperperi di cui sono protagoniste, rendendo omogeneo il decentramento regionale su tutto il territorio nazionale e dando vita a un vero risparmio di spesa.

Una seconda obiezione è il cumulo delle cariche; ad esempio i Sindaci dei grandi capoluoghi di Regione saranno, oltre che Sindaci (compito più che assorbente), a capo delle Città Metropolitane e, dulcis in fundo, Senatori. Una domanda sorge spontanea : dove troveranno il tempo e le energie per poter far bene tutto ciò ?

Infine il risparmio!

Un Senato così concepito manterrà intatta, nonostante il dimezzamento dei Senatori, la propria struttura burocratica (Segretario Generale, dirigenti, funzionari, per non parlare degli uscieri, con stipendi ben superiori a quelli dei comuni mortali), le proprie strutture logistiche ( uffici, sedi di rappresentanza, bouvette, ristorante, infermeria, etc.) e le consistenti spese generali.

Mi si dirà : ma è previsto il taglio delle indennità. Vero, ma voi pensate che un Sindaco può andare e soggiornare a Roma a spese proprie o del suo comune e senza avere un ufficio, una segreteria, un telefono/fax, etc. , che lo mettano in condizione di espletare il proprio mandato?

Anche i senatori nominati dal Presidente della Repubblica, tutti cittadini illustri, per diversi giorni dovrebbero interrompere le loro importanti attività imprenditoriali, scientifiche, artistiche e culturali, restarsene a Roma e per giunta gratis? Solo per essere chiamati senatori?

Probabilmente, per tutti, il Senato dovrà farsi carico di ogni spesa.

La verità è che se la riforma andasse in porto in questa maniera, il Senato non solo non risparmierebbe granchè, ma non sarebbe neanche in grado di funzionare bene, perché le assenze ai lavori parlamentari sarebbero numerosissime e si manterrebbe in piedi una struttura istituzionale meno snella e funzionale di come si vorrebbe far credere.

La mia opinione è che vi sono due maniere di risolvere il problema; la prima è che si vada alla radicale abolizione del Senato, senza se e senza ma, dismettendo affitti, ricollocando il personale presso altre Istituzioni e semplificando veramente l’iter legislativo.

In alternativa, se si vuole mantenere il bicameralismo (ancorchè imperfetto) si mantenga l’impostazione del d.d.l. in quanto a snellimento di funzioni e numero di componenti, ma si mantenga l’elezione diretta dei senatori.

Le elezioni dirette (elemento cardine di ogni democrazia) non costerebbero nulla perché si terrebbero in coincidenza con quelle della Camera, i Senatori potrebbero dedicarsi a tempo pieno al loro lavoro e le tanto detestate indennità, magari ridotte,  si potrebbero compensare, riducendo di 150 membri la Camera dei Deputati.

Tutto ciò non rinunciando all’idea di razionalizzare il sistema delle Regioni, il loro numero e quello dei Consiglieri e mettendo un tetto, così come si è fatto per le Autonomie Locali, alle loro spese di funzionamento, visto che, tra l’altro, con la proposta di riforma del Titolo V della Costituzione, diverse materie di loro competenza, torneranno allo Stato.

                                                                                                                              Franco Antoci

 

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