IL MUOS NUOCE GRAVEMENTE ALL’AEROPORTO

Oggi si intitola l’aeroporto di Comiso a Pio La Torre. Questo nome evoca non solo una stagione di lotta alla mafia pagata con la vita da molti dei suoi protagonisti, ma anche una stagione di lotta per la pace e contro la guerra che vide proprio nella base missilistica di Comiso (oggi aeroporto civile), il cuore di una mobilitazione che varcò i confini della Sicilia e dell’Italia. A soli 19 km da Comiso è Niscemi ad essere diventata centro di una nuova grande lotta contro scelte che continuano a condannare la Sicilia al ruolo di portaerei super armata al centro del Mediterraneo. Evocare e ricordare Pio La Torre non può voler dire rivendicare la stagione di lotta contro i missili a Comiso e oggi avallare la costruzione del MUOS a Niscemi, con tutte le sue conseguenze: danni all’ambiente e alla salute, sprechi, favori alla mafia, repressione per chi si oppone, criminalizzazione del dissenso. La lotta degli anni ottanta a Comiso è la stessa di quella odierna a Niscemi.

Da anni il movimento che si oppone al MUOS di Niscemi denuncia l’incompatibilità tra l’installazione della Marina militare degli Stati Uniti e l’aeroporto di Comiso.

Infatti, la potenza del fascio di microoonde del Muos è in grado di provocare, anche a distanza di decine di km, gravi interferenze nella strumentazione di bordo degli aerei. I rischi di interferenza riguardano il traffico aereo della zona circostante il sito del Muos nel raggio di 70 km. In questa area rientrano ben tre aereoporti: a soli 19 Km, il nuovo scalo di Comiso; a 52 Km, l’aeroporto militare di Sigonella e, a 62 Km, l’ aeroporto civile di Fontanarossa (CT). Si consideri, inoltre, che il raggio di puntamento del MUOS di Niscemi – rispetto alle altre tre stazioni terrestri ubicate in Virginia (USA), Hawaii e Australia – ha un angolo tra i 7 e i 14 gradi, proiettandosi, praticamente, in modo orizzontale verso i Monti Iblei.

L’irraggiamento a distanza ravvicinata di un aereo militare può, inoltre, provocare conseguenze disastrose: le interferenze generate dalle antenne del Muos possono innescare accidentalmente gli ordigni trasportati.

Nel 2004 i comandi spaziali in Virginia e California avevano deciso di installare il MUOS in Sicilia, e precisamente all’interno della base USA di Sigonella. Ma nel 2006 uno studio commissionato dalla Marina militare USA a due importanti aziende private (AGI – Analytical Graphics Inc. di Exton, Pennsylvenia e Maxim System di San Diego, California), sull’impatto delle onde elettromagnetiche generate dalle antenne, consigliò di spostarlo da quella base. Nell’elaborazione del loro modello di verifica dei rischi d’irradiazione elettromagnetica sui sistemi d’arma, munizioni, propellenti ed esplosivi ospitati, appurarono che le fortissime emissioni elettromagnetiche potevano avviare la detonazione degli ordigni.

Il 24 giugno 2013 il prof. Marcello D’Amore, già ordinario di Elettrotecnica presso la facoltà d’Ingegneria civile e industriale dell’università “La Sapienza” di Roma, e responsabile di progetti finanziati da ENEL, Trenitalia e Alenia Aeronautica, nominato perito dal TAR di Palermo per verificare gli effetti elettromagnetici del MUOS, nel procedimento avviato dal Ministero della Difesa contro l’atto di revoca delle autorizzazioni ai lavori del MUOS firmato dalla Regione siciliana il 30 marzo 2013, ha – tra le altre cose – valutato la pericolosità del sistema, scrivendo in conclusione: “Il campo elettromagnetico irradiato dalle antenne del MUOS può produrre effetti biologici sulle persone esposte; interferenze in apparecchiature elettroniche, strutture aeroportuali e aeromobili…”.

Per questi motivi, una volta entrato in funzione il Muos (ed è questione di pochi mesi), l’utilizzo di questo ampio spazio aereo (70 km) fa correre seri rischi per ogni tipo di aeromobile, ed in particolare l’aeroporto di Comiso si viene a trovare nella posizione più esposta.

Bisogna scegliere: o ridimensionare il traffico aereo della Sicilia Sud-Orientale, oppure impedire, a titolo precauzionale, che il MUOS possa entrare in funzione. Una misura che si rende necessaria e che riteniamo utile ad un ripensamento radicale di questa scelta di militarizzazione del territorio Siciliano, scelta di morte, contenente molti rischi per la popolazione e l’ambiente, del tutto incompatibile con le necessità reali della popolazione e la sua vocazione alla pace.

 

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