IL BARBARESCO NATO COME UN PICCOLO BAROLO E DIVENTATO UN GRANDE VINO

Durante decenni gran parte del nebbiolo coltivato nella zona dell’odierna DOCG Barbaresco confluiva nei vini Barolo. Quando ciò non accadeva, il vino prendeva la semplice denominazione di nebbiolo. Sebbene fossero state commercializzate alcune bottiglie etichettate come Barbaresco, questo si verificò in modo scostante. Sarà soltanto con la fondazione della Cantina Sociale di Barbaresco nel 1894 che finalmente il nome del vino Barbaresco si consoliderà. La fondazione della cantina sociale e l’autodeterminazione dei vini di Barbaresco sono legati a una contesa, che era nata tra produttori di Barolo e i coltivatori di Barbaresco. Non era raro infatti imbattersi in alcune bottiglie di Barolo prodotte da nebbiolo coltivato nella compagna di Barbaresco, piuttosto che nella zona della denominazione di Barolo. Coscienti di ciò, i coltivatori di Barbaresco richiesero che la zona della denominazione di Barolo venisse allargata e comprendesse anche Barbaresco. Il rifiuto alla proposta non tardò molto ad arrivare a destinazione. I motivi del rifiuto furono sicuramente diversi, ma due fattori influenzarono soprattutto il rifiuto. Da una parte i tradizionalisti ritenevano, non a torto, che il nebbiolo a Barbaresco dava vini dalle caratteristiche differenti  da quello coltivato a Barolo; dall’altra parte i produttori, che si erano trovati più volte a dover acquistare nebbiolo dai coltivatori di Barbaresco, erano coscienti che allargando la zona avrebbero perso nebbiolo di qualità a basso prezzo. Perché è vero che il nebbiolo a Barbaresco è diverso da quello a Barolo, ma non nel senso che è peggiore; semplicemente ha un altro carattere, ma restava di altissima qualità e questo lo sapevano in molti tra i produttori di Barolo. L’allargamento della zona avrebbe avuto come prima conseguenza l’aumento del prezzo del nebbiolo di Barbaresco; e come seconda conseguenza il passaggio da coltivatori a produttori dei vari coltivatori di Barbaresco.

I nuovi produttori di Barbaresco puntarono alla creazione di un vino che potesse concorrere con il Barolo ispirandosi a questo, ma senza emularlo del tutto. Il Barbaresco si presentò al mercato come un vino sicuramente meno impegnativo del Barolo, non bisognava attendere quindici o vent’anni per poterlo stappare, ma anche con un bagaglio olfattivo più pulito e corpo meno pesante. Per certi aspetti risultava più elegante, ma soprattutto precorreva i tempi. Si iniziava infatti ad abbandonare l’abitudine di dover attendere interi decenni, per poter bere un vino, e soprattutto non risultavano più tanto graditi i vini sottoposti a lunghissime maturazioni in legno. Il mercato iniziava a richiedere vini, che non erano né semplici né tantomeno leggeri, ma neanche eccessivamente impegnativi e pesanti.

Ovviamente non tutto fu così semplice e tantomeno i produttori di Barbaresco risultarono essere così uniti, tanto che ci furono spesso accese discussioni e critiche nei confronti di alcuni produttori, il cui nebbiolo era eccessivamente morbido e perfino amabile, vale a dire che presentava un certo quantitativo di zuccheri non fermentati.

Il legame con Barolo comunque era ed è evidente. Basta confrontare i due disciplinari di produzione per rendersi conto che sono quasi identici. E le differenze fanno pensare al Barbaresco come il fratello minore del Barolo. Questa immagine di sudditanza ha accompagnato il Barbaresco nell’arco di gran parte della sua esistenza, fino a quando una nuova generazione di produttori, campeggiati da Gaja, ha dimostrato che il Barbaresco non solo non era inferiore al Barolo, ma poteva essere anche superiore. Questo però non ha cancellato del tutto l’immagine del Barbaresco come di un piccolo Barolo. Il motivo è dettato da un pregiudizio tanto antico quanto insensato. Essendo il Barbaresco un vino meno forte, meno pesante, meno tannico e di conseguenza più gentile, lo si ritiene inferiore, perché per alcuni un vino è migliore quanto più è potente. Fortunatamente questa concetto è sempre meno diffuso e si inizia a capire finalmente che un vino non è superiore o inferiore, calcolando gli anni in cui rimane a stagnare in botte.

(Giuseppe Manenti)

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