CAMPA CAVALLO

 

Non è da considerare di scarso rilievo politico l’intrapreso tentativo renziano di sapere come e quando possa essere portata a termine la seconda votazione per la definitiva approvazione della nuova legge elettorale che, com’è noto, deve ancora essere sottoposta al voto dei senatori.

Questo tentativo è molto più complesso di quanto possa apparire. I berlusconiani per le sia pur valide ragioni tattiche non sembrano disponibili ad accelerare i tempi in ciò trovando, sia pure per ragioni diverse, un indiretto appoggio del partito di Alfano e di quello della Meloni.

Questi ultimi non vorrebbero essere considerati come semplici portatori d’acqua nell’apportare le loro percentuali di voti in una colazione contrapposta a quella, per così dire, renziana tant’è che chiedono un’incisiva riforma che consenta agli elettori di esprimere il voto di preferenza, peraltro non previsto nel patto del Nazareno.

Ma il problema non è limitato solo alla definitiva approvazione della legge elettorale, quanto piuttosto alla formazione di una maggioranza parlamentare coesa e compatta che dovrebbe modificare il titolo V della costituzione che, in definitiva, è quello che ha consentito una spesa pubblica, molte volte clientelare, e che incide nella spesa pubblica statale.

D’altra parte le condizioni minime di ripresa economica nazionale vengono rinviate da trimestre a trimestre e non è dato veramente sapere se nel prossimo anno il nostro prodotto interno lordo possa superare lo zero.

Le annunciate riforme renziane d’altra parte possono tradursi in provvedimenti operativi solo nell’ipotesi dell’indizione di nuove elezioni dalle quali possa scaturire una maggioranza politicamente coesa ed idonea ad operare con estrema velocità.

Nel frattempo le classi sociali sono costantemente in agitazione e le rappresentanze sindacali minacciano scioperi che seppure realizzati ciò non ostante non possono risolvere i problemi che giustamente angustiano sia coloro che hanno ancora un lavoro e sia quelli che temono di perderlo.

Non bisogna infatti dimenticare che c’è un’Europa con la bacchetta in mano e non pare affatto che voglia attenuare, sia pure per poco tempo, il rigore delle scelte sottoscritte oltre 20 addietro senza tenere in debito conto che nel frattempo l’economia mondiale sta seguendo nuove e allora non prevedibili regole gestionali.

Allora due miliardi e mezzo di persone non facevano parte dei paesi che ora chiamiamo emergenti e d’altra parte anche noi italiani non operiamo una netta distinzione fra bisogni e necessità di vita fra quelli essenziali e quegli altri che tante volte proprio essenziali non sono.

Altre volte abbiamo esemplificato qualche concetto politico ricorrendo di suggerire a chi intende uscire dalla casa vedendo un cielo oscuro e carico di piaggia di non dimenticare di portarsi pure un ombrello per potersi all’occorrenza riparare. Ora appare quasi inutile portarsi un ombrello dotato di scatto veloce per la sua apertura. Vorremmo proprio aver sbagliato il consiglio sperando e augurandoci di tutto cuore che di ombrello non ve siano proprio né le condizioni  né le necessità.

 

 

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