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CRISI GRECA: COMMENTO A REPUBBLICA
07 Mar 2015 09:42
All’analisi che riportiamo di Repubblica di oggi, aggiungiamo le nostre preoccupazioni riguardo alla situazione greca, che condiziona l’Europa e quindi anche noi italiani, essendo consapevoli che l’uscita dalla crisi economica della Grecia non può ricadere su intere popolazioni, parliamo dell’Europa e del Mediterraneo, che la stanno subendo non navigando in buone acque, e che l’uscita dall’euro che Tsipras ha paventato ai suoi elettori, significherà più povertà e anche avvicinamento a poteri forti come quello della Russia e di Putin, che aspira ad una posizione territoriale sul Mediterraneo.
Inoltre, non dobbiamo dimenticare che ,oggi, i greci che rifiutano il loro passato politico, Pasok e Nea Democratia, si sono da sempre adagiati sui privilegi loro concessi, proprio per carattere tipicamente balcanico!
“NEL programma che il governo greco ha mandato a Bruxelles ci sono un paio di punti passati ingiustamente inosservati. Chi otterrà l’uso delle frequenze televisive dovrà pagarle al giusto prezzo, almeno cento milioni di euro. E le testate giornalistiche in perdita cronica dovranno chiudere, se non vengono ricapitalizzate in piena trasparenza dagli azionisti. Non poteva esserci azione più efficace contro gli oligarchi che da decenni soffocano l’economia greca con i loro privilegi.
Finora i vari governi avevano concesso loro praticamente gratis l’uso delle frequenze tivù, in cambio di telegiornali “nordcoreani”. E le lobby hanno tenuto in vita con pagamenti opachi ogni testata dedita a nascondere la verità sui loro affari, sul governo e sulla corruzione fra le due parti. Pochi rimpiangono la Grecia dei socialisti del Pasok e dei conservatori di Nea Demokratia.
Alexis Tsipras è stato eletto per cambiare. Il premier ha un mandato senza precedenti per scalzare la presa degli oligopoli sull’economia greca, ridurre i favoritismi, le sfacciate diseguaglianze e l’evasione dei ricchi. Ma la forza che i voti hanno conferito a Tsipras implica anche che il suo compito è portare il cambiamento nel proprio Paese, una sfida in cui l’intera Europa è pronta a sostenerlo con molto denaro. Il mandato del premier non è impartire qualche presunta lezione a Bruxelles, scaricare sui contribuenti degli altri Paesi (spesso non più benestanti degli stessi greci) i costi delle sue promesse elettorali. E non è confondere un negoziato in Europa con richieste perentorie, presentate con la minaccia di provocare un disastro finanziario, cercando di addossarne le responsabilità all’Eurogruppo.
Vari co-protagonisti di questa vicenda raccontano invece che questo è stato finora l’atteggiamento di Yanis Varoufakis. Al Consiglio direttivo della Bce, il presidente Mario Draghi ha raccontato il suo primo incontro con il ministro delle Finanze greco: Varoufakis avrebbe esordito chiedendo quanti soldi Francoforte poteva mettergli a disposizione, e la discussione non è andata molto più in là. All’Eurogruppo Varoufakis avrebbe urlato al presidente Jeroen Dijsselbloem che è un “mentitore “, malgrado i tentativi dell’olandese di trovare un compromesso, e da allora i due non si parlano più. Per la verità nell’ultimo negoziato all’Eurogruppo a Bruxelles nessuno fra i ministri si sarebbe più rivolto al collega greco, ritenendo più affidabile telefonare direttamente a Tsipras ad Atene.
Questa situazione si rimedia solo ripartendo dalla realtà, perché qualunque governo ha il dovere di operare all’interno del sistema in cui si trova. E la realtà dice che la Grecia ha finito i soldi, ha perso ogni accesso al mercato e milioni di greci dimostrano sfiducia perché hanno ritirato 20 miliardi dalle banche, mettendole in ginocchio. Fino a tre mesi fa il Paese era tornato a crescere e si stava riaffacciando sui mercati, ma questo caos politico gli sta facendo fare un enorme, tragico passo indietro. La recessione in cui la Grecia è ripiombata è un prezzo alto da pagare per la legittima aspirazione di una nazione al cambiamento. La responsabilità di Tsipras ora è rispondere a quella richiesta: non fare il tribuno in Europa a spese del suo stesso popolo, e di tutti gli altri”.
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