ANCE E ORDINI PROFESSIONALI DEGLI ARCHITETTI E DEGLI INGEGNERI

“Abbiamo atteso un pò, abbiamo riletto le nostre dichiarazioni, ci siamo interrogati… alla fine abbiamo deciso, congiuntamente, di ritornare sull’argomento delle Strutture alberghiere a Ragusa, non tanto perché tirati in ballo da Legambiente Ragusa, che per i toni, i contenuti e gli aggettivi utilizzati, non merita nessuna risposta, bensì perché riteniamo di esplicitare meglio e pacatamente le nostre riflessioni alla Città.

Premesso che viviamo una crisi senza precedenti che miete ogni giorno, come vittime e da circa 8 anni, Imprese, Professionisti e Lavoratori (tranne, per ora, quelli del pubblico impiego!) di tutti i Settori economici con in testa il Comparto delle Costruzioni e siamo rimasti, sinceramente, basiti dalla veemenza (obiettivamente fuori luogo) dei toni usati e consideriamo il comunicato infamante e scarsamente rispettoso per quanti, Professionisti, Imprese e Maestranze, giorno per giorno, dignitosamente e onestamente,  cercano di portare un tozzo di pane a casa mentre rispediamo al mittente le calunniose accuse, a noi rivolte, di ipocrisia, di opportunismo e vampirismo. 

Il nostro intervento recita  testualmente:

–          spronare la “politica locale”, affinchè, “stabilite le regole, verificate le compatibilità ambientali e, perché no, fissate prescrizioni più stringenti sul versante del risparmio energetico, sull’utilizzo di materiali innovativi e tecnologie eco-compatibili,” consenta, “ai quei privati che vogliono scommettersi sul futuro turistico degli iblei, di poter realizzare strutture, servizi ed infrastrutture moderne a supporto dell’accoglienza”;

–          offrire “la nostra disponibilità, da subito, per istituire un tavolo di concertazione con l’Amministrazione Comunale per la redazione di un piano più generale per le infrastrutture turistiche”;

–          ritenere, certamente utile e opportuna la possibilità di “dare ossigeno al settore delle costruzioni, storicamente utile volano per un’economia in forte recessione, attraverso la realizzazione di strutture al servizio del turismo” specialmente “in un momento in cui lo sviluppo turistico appare come una delle poche ipotesi di sviluppo sostenibile”;

–          affermare che “né la politica, né le associazioni datoriali, né, tantomeno, i professionisti, possono permettersi di prendere tempo nell’assunzione di scelte che appaiono quanto mai urgenti e indifferibili”;

–          esortare quanti hanno in mano il futuro delle nostre professioni, delle nostre imprese, delle nostre famiglie e dei nostri figli, a “non perdersi in chiacchiere strumentali e pretestuose che, obiettivamente, contribuiscono solo a deprimere, ancora di più, il Comparto delle costruzioni ed il lavoro”, in quanto “non ce lo possiamo più permettere!”

Chiarito il senso, riteniamo di voler andare oltre alla questione specifica delle nuove (al massimo 10) strutture alberghiere, la cui localizzazione, per inciso, è stata dichiarata dagli Uffici comunali competenti in linea con le prescrizioni del Piano Paesaggistico essendo state bocciate tutte quelle iniziative che ricadevano in aree sottoposte a tutela, e soffermarci ancora un pò sul più generale concetto del contenimento del consumo di suolo.

La prima riflessione che appare come necessario presupposto è che la creazione di strutture ed infrastrutture non può e non deve entrare in conflitto con la valorizzazione dei terreni agricoli e naturali che sono una risorsa di altrettanto valore.

Occorre, però, chiedersi se sia sufficiente vietare per legge il consumo di suolo per riuscire a tutelare il territorio e riqualificare le città: gli “steccati normativi” non sono, a nostro avviso, la soluzione a un problema pur annoso come quello della tutela del territorio che necessita di un piano d’azione coraggioso e non di semplici divieti. Occorre semmai sensibilizzare tutti gli operatori e quindi vigilare che gli interventi proposti siano esempi di “ architettura di qualità” che possano contribuire alla effettiva valorizzazione del territorio.

Lo scempio del nostro territorio non si cancella con una linea divisoria, ma con un’attenta valutazione di cosa è utile e di cosa non lo è e, quindi, responsabilizzando ancora di più l’amministrazione pubblica che, riteniamo, è l’unica in grado di decidere se, e dove, è giusto costruire e perché, e dove, invece bisogna preservare terreni agricoli e aree naturali.

Il secondo riflettore lo accendiamo sulle trasformazioni del territorio attuate illegalmente da attività edilizie, industriali e agricole sottolineando le responsabilità degli enti territoriali che, troppo spesso, non hanno assunto nè i necessari provvedimenti di prevenzione, nè quelli finalizzati al ripristino dei luoghi.

Infine, desideriamo evidenziare come sia non più procrastinabile la necessità di ricompattare le città attraverso interventi sul costruito, evitando ulteriore consumo di suolo e privilegiando una molteplicità di azioni – l’efficienza energetica degli edifici, l’housing sociale, l’accessibilità al bene casa, il trasporto sostenibile, il miglioramento della vivibilità degli edifici (scuole, invecchiamento della popolazione), la valorizzazione del patrimonio culturale) – attraverso una molteplicità di percorsi e relazioni tra i tanti e diversi attori/fruitori del processo di rigenerazione urbana.

Non vogliamo, in conclusione, perdere l’occasione, come troppo spesso è accaduto in passato, di affrontare una questione fondamentale per lo sviluppo e la tutela del nostro patrimonio ma desideriamo farlo in maniera organica e complessiva, senza farci trasportare dall’emotività del momento, da visioni ideologiche o da necessità di visibilità: non ce lo possiamo più permettere!”

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