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A Natale tutti più buoni! Ma io non sono pronto
22 Dic 2022 09:14
La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola.
Ogni santa mattina la stessa cosa: non c’è una sola pecora del Presepio che tenga all’impiedi. La sera le lascio disposte in ordine come guardie svizzere davanti alla grotta. Per la legge dei grandi numeri almeno una dovrebbe pur mantenere la posizione eretta! Invece no. La mattina le ritrovo tutte accasciate come oloturie sbronze nel deserto dei Tartari.
San Giuseppe è più bassino della Madonna (sarà un riciclato della prima Repubblica di più antichi presepi). L’avevo conficcato in un generoso rialzo. Lo ritrovo sistematicamente riverso sull’asinello. I cammelli sono nella versione con e senza gobba. Dromedari incerti. Gli artigiani sono sovente invalidi come reduci di guerra. Il gallo ci ha abbandonati molto tempo prima del terzo canto. Ai tre Re Magi se n’è aggiunto un quarto. Un imbucato che magari era in più (adsuperciabat Mago). E comunque io lo faccio fuori ogni sera e me lo ritrovo presente ad ogni albeggiare. È un presepe in cui ognuno fa un po’ come oloturia gli pare. Un plastico di Bruno Vespa dopo il quinto moijto. Nulla rimane fermo al suo posto.
Anche la tombola sa essere ansiogena. Anche quest’anno assisteremo alla incresciosa colluttazione volta a decretare per sfinimento quali dei nipotini dovrà gestire il cavolo di tabellone? E anche quest’anno infine la declamazione dei numeri sarà assegnata alla più timida e afona delle prozie di terzo grado? La divisione delle vincite vedrà il terno premiato più della cinquina perché così ha voluto la zia Giuseppa, amante dei paradossi? Il Nobel che urla “ambo” all’uscita del primo numero della tombola, cosa escogiterà questo Natale per sorprenderci tutti ancora una volta? Sarà dei nostri anche il filologo compulsivo che vorrà rammentarci in versi la dialettale ingiuria di ogni singolo numero? Lo smemorato di 42 anni quante volte chiederà: “Sono usciti il 37, 21, 42, 77, 86, 11, 67, sessanta s di Salerno?” Ma abbiamo appena iniziato! Oppure, anche questo 25 dicembre, una volta spostati tutti i ceci dalle cartelle, scopriremo che al sedicente vincitore e inguaribile ottimista mancavano ancora due numeri (mica uno)? E la standing ovation che seguirà alla scoperta, mieterà le solite vittime in seno ai già precari equilibri familiari? E presenzierà anche questa volta l’incurabile ostinato che, non rassegnandosi mai alla sconfitta, reclamerà a gran voce financo il Tombolino?
E poi, come se non bastasse, anche quest’anno uno di noi vincerà la sfida ‘Ricevi il regalo di Natale più inutile della storia umana’. Io sto messo bene. Sento di avere già la vittoria in pugno. Per il decimo anno di fila. Cosa spinge un cugino di secondo grado a regalarti un orologio da polso in grado di funzionare al nanosecondo anche trenta metri sott’acqua? Voglio dire, io non uso orologi da vent’anni (con cellulari, PC, tablet e roba varia sono io stesso un cronometro ambulante). E in ogni caso, è più probabile che mi avvistiate sul Pianeta Rosso che su un fondale marino con mille tonnellate d’acqua sul cranio. Rifletti! Chi dovrebbe condurmi negli abissi bui e profondi? Il materassino di Peppa Pig? Non nuoto mai dove non si tocca. E non so neppure cosa sia la pesca subacquea. Che quarzo me ne potrei fare di un gingillo della NASA di duecento euro? Ma fammi una cravatta! Una stilografica! Anche un trapano al limite! Inutili sì, ma almeno non da ricovero. Studi della prestigiosa Università del Massachusetts dimostrano che i due emisferi cerebrali di chi deve pensare ad un regalo in prossimità delle feste sono caratterizzati da uno spiacevole fenomeno sociale: non si parlano per giorni.
Questo Natale regala anche tu un emisfero. Devi pensarci tu. Babbo Natale c’ha il Covid.
Ma psicoironie a parte, anche questo è Natale. E in verità mi mancheranno tutti i miei cari con cui condividevo la follia di cose così apparentemente sciocche e irritanti. E tuttavia così amiche di quella idea di vita. Un’idea di vita che vorrei appartenesse anche ai miei figli e nipoti. “Tombola!” Forse.
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