A scuola dovrebbero tornarci anche i genitori?

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Il primo giorno di scuola è il primo passo di una matita nel foglio bianco di un capolavoro. Nella più retorica delle ipotesi.

In tantissimi, dai cinque ai tredici anni (facciamo pure diciotto), scelgono i loro colori, i pennelli, i sogni per dipingere nei prossimi nove mesi la loro personalissima Cappella Sistina.

Spero che i docenti siano ispiratori dell’inclusione, del confronto, dell’unicità. Dell’originalità. Della curiosità. Della creatività.

A scuola non si va per apprendere nozioni, ma per creare strutture e pensieri e opportunità e sperimentare l’estetica delle relazioni. Si impara a coltivare ideali, ricercare la bellezza, a dipingere grandi sogni.

Dobbiamo vedere nella scuola innanzitutto e prima di tutto la Casa della Felicità dei bambini e dei ragazzi. Una Casa che è il Mondo che solo loro potranno salvare.

Io la vedo così. Il primo giorno di scuola non è l’inizio di un duro percorso attraverso il quale i bambini diventano adulti.

Al contrario. È il primo passo di un viaggio nel quale i bambini sostituiranno finalmente gli adulti. Curando il mondo che i grandi stanno lasciando loro.

E a voi, mi permetto di dare un consiglio, perché, non ci crederete, anch’io sono stato un alunno (con gli occhiali e l’apparecchio ai denti e il diario del mio supereroe preferito).

Se non sarete bravissimi sin dall’inizio, poco importa. Questo mondo così brutto è stato disegnato da tanti veramente bravissimi. 

Siate invece creativi, originali, curiosi, sensibili, responsabili il giusto (non è difficile esserlo più degli adulti). Siate aperti, idealisti e poeti. E non dimenticate un solo giorno di essere felici. Gli adulti non sempre ve lo ricorderanno.

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