È pratica odiosa ancorchè diffusa segno di grande inciviltà quella di scrivere e imbrattare i muri delle abitazioni private e dei palazzi. Passeggiando per le vie della città ne troviamo di tutti i tipi e di tutti i colori, ma ci si chiede se nel tempo i “messaggi” e le scritte siano rimasti uguali nei contenuti e nelle forme. Un giorno di tanto tempo fa bussarono alla porta di casa. Mia madre trafelata e già stanca per le pratiche da sbrigare di primo mattino si trovò davanti la vicina di casa di ritorno dalla prima delle funzioni religiose: “Ivhìi, Marìiia, l’ha vistu cosa c’è scritto sul muro? A Stefania cci piace u schifìju!”. La vicina sussurrava appena ma mia madre non potè approfondire la questione poiché già era tardi e promise di farci caso uscendo da casa. Con la porta chiuse anche il buon proposito presa da zainicolazionilettidarifare quotidiani. Ma scesa dall’ascensore non potè far a meno di notare una scritta nera gigantesca stagliata sulla parete grigio sporchissimo del muro davanti al portone di ingresso. La scritta recitava: “A Stefania cci piace la minchia”. Mia madre più che alla ragazzina oggetto della denuncia pensò subito al marito della vicina e al concetto di “schifìju ”. Sorrise presa già da noi che ci rincorrevamo per prendere i panini. Al rientro nessuno osò commentare. Ci si avvicendava per prendere l’ascensore ma di tutto si parlava fuor chè della scritta. Dava fastidio a tutti, ma più ancora si pensava alla famiglia della ragazzina. Per altro una delle ragazzine più carine del palazzo tra le più delicate e più a modo. Ma dopo pranzo un tuono scosse la pennica condominiale: “la devi cancellare”! così al comando che risuonò perentorio fece seguito un ticchettìo continuo che durò tutto il pomeriggio. L’indomani il campanello di casa suonò ancora: “Ivhìii, Marìiiia l’ha vistu comu cci piaci grande?” certo questa volta la mamma scendendo dall’ascensore ci fece subito caso. Scolpito bianco su grigiolino in basso rilievo troneggiava ancora più grande la scritta: “a Stefania cci piace la minchia”! A pranzo, nonostante porte e balconi chiusi, si sentì un urlo “ sei un cretino!”. Poi più nulla solo un pungente odore di vernice misto a stucco. Il giorno dopo mia madre pensò che la scritta fosse stata definitivamente cancellata. Non era precisamente così. Scendendo dall’ascensore la trovò bianco latte dello stucco sul grigiolino del colore vecchio del muro e rimase senza parole. Al ritorno i condomini trovarono al lavoro un imbianchino professionista. La parete era tornata intatta, liscia, come nuova. Una magnifica tela sulla quale da lì a pochissimi giorni troneggiava un’altra scritta. “Curnutu cu legghi”. Oggi facendo caso alle scritte sui muri troviamo spesso difficoltà a decifrarle lo stile: è del tutto nuovo grazie all’uso diffuso dei caratteri “lettering” in voga oggigiorno tra i ragazzi ma a giudicare dai fumetti a rinforzo del testo non sembra che il contenuto sia poi così diverso. (Marcella Burderi)