Acqua, sarà un’altra estate difficile. E non soltanto a causa della siccità

Ieri, ultimo “giorno della merla”, a Ragusa è stata registrata una temperatura massima di 17 gradi. L’invaso della vicina Santa Rosalia è sotto il 60% della capienza: secondo l’ultima rilevazione dell’Autorità di bacino, emessa a metà gennaio, detiene circa 7 milioni e 300 mila metri cubi di acqua contro i 20 milioni di piena autorizzata. Ragoleto, che serve la zona occidentale del ragusano, è di fatto ferma perché l’acqua è veramente poca: neanche 4 milioni di metri cubi su oltre 20 milioni di capienza. I due invasi hanno scopo irriguo (Ragoleto anche civile), destinati a garantire la disponibilità della risorsa per agricoltura e zootecnica, settori fondamentali per la nostra economia.
Di recente anche da noi ha piovuto, ma con una quantità non in grado di attenuare la siccità. Le ultime statistiche ufficiali confermano che le nostre città perdono mediamente la metà dell’acqua immessa nelle condutture. Inammissibile: continuiamo a sprecare un litro su due.
Tra quattro mesi e mezzo comincia l’estate ed è notorio che siamo in Sicilia. E’ facile prevedere razionamenti delle forniture comunali, inviti al risparmio sotto la doccia, nel lavaggio delle auto e nell’innaffiatura dei giardini di casa. Nell’Isola è un film, stavolta dal titolo già visto: “La tempesta perfetta”.

Sarà un’altra estate difficile. I tre dissalatori, annunciati nelle scorse settimane con le fanfare, non entreranno in funzione. Legambiente Sicilia sostiene che su 46 dighe, 26 sono fuori esercizio o in esercizio con limitazioni, aggiungendo che “altre dighe rischiano di chiudere per mancata manutenzione e collaudo”. Mentre la natura, sotto forma di evidenti cambiamenti climatici, non ci aiuta, le scelte politiche non sono lungimiranti anche quando i fondi ci sono. Dice Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia: “La Regione Siciliana anziché intervenire per efficientare e mettere in sicurezza gli invasi esistenti, ha preferito puntare alla ripresa dei lavori della diga Pietrarossa che, oltre a sommergere un importante sito archeologico, finirà per peggiorare lo stato di salute della Piana di Catania, diminuendo ancor di più l’apporto di solidi al sistema delle foci e delle spiagge senza alcun vantaggio per l’agrumicultura.”

Una cartina geografica della Sicilia ambientata nel 2100 prevede, tra l’altro, la scomparsa dei nostri vigneti. Pare che ne resterà qualcuno sui rilievi più alti: Etna, Madonie e Peloritani. In compenso i nostri futuri agricoltori, che ancora non sono nati, coltiveranno piante oggi definite tropicali. Tra 80 anni i siciliani gusteranno tartine di avocado già da tempo a chilometro zero, pasteggiandolo con vino norvegese e caffè arabico dell’Isola. Da brividi, nonostante il caldo di questi giorni.    

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