AGLI STATI GENERALI DELLE CULTURA ANCHE IL PRESIDENTE NAPOLITANO

Giovedì 15 novembre scorso al Teatro Eliseo di Roma si sono riuniti gli “Stati Generali della Cultura”, a conclusione della iniziativa avviata nello scorso febbraio dal Sole24Ore per rilanciare il ruolo della Cultura nella economia sempre più asfittica del nostro Paese.

La riunione era di quelle importanti. Seguiva i tanti dibattiti, interventi, articoli che, sulla spinta del quotidiano della Confindustria, hanno smosso l’ambiente culturale italiano. Tanto importante era la riunione organizzata dal Sole24Ore in collaborazione con l’Accademia dei Lincei e l’Istituto per l’Enciclopedia Italiana Treccani che a chiudere i lavori, con un discorso eccellente, era stato chiamato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Ed è stato proprio nel rileggere il discorso di Napolitano – spinto dalla curiosità e dall’interesse suscitato dalle sintesi pubblicate sui giornali – che mi sono accorto di un piccolo guaio, nulla di serio, si intenda, ma di estremamente significativo.

Durante la manifestazione è stato proiettato sullo schermo dell’Eliseo un cortometraggio, ottimamente realizzato da un vero e proprio Maestro: Vincenzo Cerami. Sulle bellissime immagini che scorrono, e ovviamente finalizzate a sintetizzare e però anche esaltare l’importanza dei beni culturali del nostro Paese, una voce spiega, spiega tante cose. La voce è professionale, senza alcun influsso dialettale (al contrario delle tante voci che sovente ascoltiamo alla Rai, quasi tutte fortemente marcate da quell’accento romanesco che sembra essere proprio la lingua ufficiale della televisione di Stato). Una bella voce baritonale che soave e calda si ascolta con piacere. Fino a quando lo speaker non pronuncia la parola “retore”. Se la scrivo in tal modo non significa nulla, se però la scrivo correttamente, e cioè “rètore”, si comprende meglio. Bene, anzi male, perché quella bella cavernosa voce dello speaker ha invece detto “retòre”. La differenza è solo di un accento, ma è in realtà una enorme differenza, specie se si considera il contesto. Lo speaker non è tenuto a sapere che si dice rètore e non retòre, ma è possibile, mi chiedo, che nessuno abbia rivisto e quindi risentito il cortometraggio prima di mandarlo in onda? E di offrirlo ad un pubblico che dire selezionato è dire tropo poco? E in quella occasione, necessaria e finalizzata a quei livelli a rilanciare la Cultura italiana? Mala tempora cucurrunt.