Aldo Palazzeschi è apprezzato per la produzione letteraria di testi paradossali e surreali soprattutto dell’esodio e della vecchiaia, ma suscitano interesse anche quelli tradizionali e realistici del periodo centrale della sua carriera di scrittore.
Aldo Giurlani, (solo nel 1905 prese lo pseudonimo Palazzeschi, dal cognome della nonna materna), nacque a Firenze, il 2 febbraio 1885 e, su desiderio del padre, intraprese studi tecnici, diplomandosi ragioniere. Successivamente, frequentò una scuola di teatro e lavorò per qualche tempo con la Compagnia di Virginio Talli.
Dopo l’esordio poetico del 1905 con I cavalli bianchi, nell’arco di cinque anni, pubblicò altre tre raccolte in versi: Lanterna, Poemi e L’incendiario. Aderì per qualche tempo al movimento futurista e in quest’ambito scrisse anche Il controdolore (1914) che è un beffarda e grottesca rassegna della condizione umana anche nei suoi aspetti dolorosi, nella prospettiva rovesciata dell’umorismo: quindi un invito a ridere anche delle sofferenze.
Con ciò, Aldo Palazzeschi entrò a far parte in uno degli atteggiamenti-chiave della cultura ‘moderna’: il riso (ne è un altro esempio Pirandello), la desacralizzazione grottesca, la volontà di attaccare e rovesciare il sublime. Intanto aveva avviato la produzione narrativa con tre testi singolari che l’editore Vallecchi nella stampa del 1943 etichettò col titolo di Romanzi straordinari e sono: Riflessi (1908), poi diventato Allegoria di novembre, romanzo definito liberty dall’autore stesso; Il codice di Perelà (1911) definito antiromanzo (cioè un romanzo senza narrazione), fiabesco e allegorico ed è l’avventura di uno strano omino di fumo emblema dell’uomo controcorrente che si scontra con il perbenismo, conformismo e stupidità del mondo borghese e aristocratico; La piramide (scritta nel 912-13, ma edita nel 1926), una specie di fiaba allegorica sull’amicizia, di gusto parossistico e grottesco.
Iniziò anche a dedicarsi alla narrativa. L’esperienza della guerra, anche se vissuta nelle retrovie a Firenze, Roma e Tivoli, lo rese contrario all’interventismo e al bellicismo di ogni forma e colore e fu anche ostile, di conseguenza, al nascente fascismo da cui mantenne le distanze.
Un diario-riflessione: Due Imperi… mancati, (1929), nato dall’esperienza degli eventi bellici, è uno dei più crudi documenti polemici contro la guerra e inquadrabile col suo pacifismo. Qui, lo scrittore, conferma il suo individualismo anarchico e ludico, ma esprime anche una enorme solidarietà per il popolo, che ha sofferto duramente durante la guerra.
Segue la stagione, cosiddetta tradizionale, con la raccolta di racconti Stampe dell’800 (1932), ambientati a Firenze e inaugura una linea di realismo colorato regionalmente. Su questa traccia si collocano anche i romanzi: Sorelle Materassi (1934); I fratelli Cuccoli (1948) e Roma (1953).
Anche la novellistica si arricchisce di molti testi.
Dopo la morte dei genitori (1938 e 1939), si trasferì a Roma dove visse prevalentemente (a parte lunghi soggiorni a Parigi e Venezia) fino al 17 agosto 1974 dove si spense quasi novantenne.
A seguire, un esempio con la sua celeberrima poesia: La fontana malata per gustare, per un attimo, il suo modo surreale di scrivere.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchette,
chchch…
È giù,
nel cortile,
la povera
fontana
malata;
che spasimo!
Sentirla
tossire.
Tossisce,
tossisce,
un poco
si tace…
di nuovo.
Tossisce.
Mia povera
fontana,
il male
che hai
il cuore
mi preme.
Si tace,
non getta
più nulla.
Si tace,
non s’ode
rumore
di sorta
che forse…
che forse
sia morta?
Orrore
Ah! No.
Rieccola,
ancora
tossisce,
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
chchch…
La tisi
l’uccide.
Dio santo,
quel suo
eterno
tossire
mi fa
morire,
un poco
va bene,
ma tanto…
Che lagno!
Ma Habel!
Vittoria!
Andate,
correte,
chiudete
la fonte,
mi uccide
quel suo
eterno tossire!
Andate,
mettete
qualcosa
per farla
finire,
magari…
magari
morire.
Madonna!
Gesù!
Non più!
Non più.
Mia povera
fontana,
col male
che hai,
finisci
vedrai,
che uccidi
me pure.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete, chchch…