ALTRO E’ ACCUSARE, ALTRO E’ CALUNNIARE

Proveniamo da una civiltà che aveva dedicato molta attenzione al Diritto. E c’era altra civiltà ancora più antica a corroborare quella di Roma: “Graecia capta ferum victorem cepit”, leggiamo in Orazio (Epist. II,1, 156). La fretta dei nostri giorni è assecondata dalla velocità e non sempre si ha il tempo per meditare su qualche aspetto della storia di casa nostra. Eppure i mezzi non difettano. La cibernetica, che consente di fare a meno d’ingombranti cartacei, non è vero che abbia privato di quanto deve soccorrere la memoria. La vera nemica del nostro tempo è la fretta e la sua affascinante complice, appunto, la velocità, spesso pronuba di leggerezze.

Poi soccorrono altre occasioni. E queste sono tante da non consigliare chi le censisce a memoria di elencarne dinastie e conseguenze. Una volta, tra i simboli dell’oblio, usava citare l’oppio. E per i forti dolori le morfine. Anestesie che avevano tra parenti poveri il vino.

Oggi si elogiano le droghe e se ne svolgono scale di valori che non sempre possono essere sostenuti dall’esperienza degli utenti, vittime di “tagli” male operati. Il tossico non è garantito, se non dalla fatale dipendenza. Ma non si vuol parlare di droga e di tossicodipendenze avendo esordito citando Cicerone e il diritto romano come denominatore di una civiltà che non sarà certamente adulterata per colpa delle velocità o delle droghe, per leggère o pesanti che esse siano. Qui si prende spunto da un caso greve quanto clamoroso, incivile quanto perseguibile, manifestatosi in un centro della Sicilia piuttosto noto per avere dato i natali a Giorgio La Pira e per la graziosa caratterizzazione della sua struttura urbana, esaltata da quanto la natura, tra mare eccampagne ha elargito al suo costante progresso civile. Fino a farne un centro turistico di prim’ordine. Fosse solo per il privilegio che Pozzallo offre, appunto, con il suo porto capolinea di collegamenti con Malta.

E non ci si aspettava proprio da giovani e meno giovani Residenti nel detto territorio e utenti di Facebook la inclassificabile congiura a base di volgari pasquinate calunniose, gratuitamente ingiuriose, a carico del noto quanto stimato giornalista e scrittore Michele Giardina, corrispondente locale del prestigioso quotidiano La Sicilia e autore di libri di inconfutabili pregi letterari (La risacca, ed. Prova d’Autore 2009) volume di racconti di cui sono andate esaurite due edizioni e altrettante ristampe; di opere di rievocazioni tra storia, costume e ricerca ambientale, come “Mare forza 7”(Prova d’Autore, 2010) e il recente romanzo “Un uomo di borgata” (Ibidem 2011), nel quale al pregio dell’accattivante trama e dell’agilità espressiva si aggiunge il filo rosso di un forte impegno sociale e civile.

Orbene, quanto in sorprendenti pasquinate calunniose è capitato di leggere negli scambi pubblici su Facebook di “amici” in gara degna di ben altra causa e ben altra sede che di informazioni amicali, non solo stupisce l’occasionale fruitore della pagina internet, ma oltraggia ogni principio di convivenza, ogni civile forma di trasparenza nei leali rapporti umani.

Altro è accusare, altro è calunniare. E si auspicano, da parte delle Istituzioni competenti, attenzioni e valutazioni opportune verso tali forme inclassificabili di comportamenti, che tanto gravi sono nella loro entità, quanto criminali si autoclassificano in un ambito ristretto di pacifica comunità cittadina, dove tutti conoscono tutti e dove la convivenza viene offesa e turbata.

Michele Giardina, giornalista-pubblicista e scrittore, nonché cittadino esemplare, riscuote la solidarietà di chi lo conosce ma in questa occasione sia lecito auspicare che altrettanta solidarietà gli venga dalle Istituzioni eredi del diritto che Cicerone ha consacrato nella sintesi significante qui citata prima: “Aliud est accusare, aliud est maledicere”. Altro è accusare, altro è calunniare.