ALZHEIMER: IDENTIFICATA IN UNA PROTEINA LA CHIAVE DEL MECCANISMO DI PERDITA DELLA MEMORIA

Già nota per il suo ruolo chiave nella formazione della memoria, la proteina neuroligina-1 (NLGN1) sembra essere implicata nei meccanismi che portano alla perdita di memoria associati all’Alzheimer.

Per la prima volta, i ricercatori della Cleveland Clinic hanno associato la presenza di questa proteina alla perdita di memoria che si verifica nelle amiloidosi, cioè in quelle malattie derivanti da accumulo di proteine anomale in diversi tessuti o organi.

È ciò che avviene per la malattia di Alzheimer dove appunto le proteine beta-amiloidi si depositano nel tessuto cerebrale causando un processo infiammatorio responsabile a sua volta di innescare un “cortocircuito” che nel cervello  interromperebbe il funzionamento della rete sinaptica con conseguente perdita di memoria.

Si è dunque scoperto che, durante il processo neuroinfiammatorio, è proprio la NLGN1 (proteina post-sinaptica) a subire una modificazione che va ad interferire con la propagazione degli impulsi nervosi a livello del network sinaptico, una “rete” nella quale, tra le altre cose, si sviluppano ed “intrappolano” i ricordi.

In particolare, l’infiammazione indotta dall’accumulo delle fibrille amiloidi innesca una cascata di reazioni biomolecolari che culminano in modifiche epigenetiche “errate” del promotore deputato alla regolazione del gene NLGN1 determinando quantità deficitarie di proteina espresse.

Lo studio ( Epigenetic suppression of neuroligin 1 underlies amyloid-induced memory deficiency) è stato pubblicato sulla rivista  Nature Neuroscience.

«L’Alzheimer è una malattia problematica che i ricercatori hanno approcciato da tutte le angolazioni possibili – spiega il dott. Mohamed Naguib, coordinatore dello studio – Questa scoperta ci potrebbe fornire un nuovo approccio per la prevenzione e il trattamento della malattia».

Qualche anno fa, lo stesso gruppo di ricerca di questo studio, individuò una molecola (denominata MDA7) in grado di contrastare il processo neuroinfiammatorio responsabile delle modifiche genetiche che interessano la proteina neuroligina-1; i test, tuttora in corso, hanno avuto esiti incoraggianti perchè fanno pensare ci siano reali potenzialità nel migliorare la plasticità sinaptica e riparare le aree danneggiate della memoria.

Ai ricercatori comunque sarà necessario ancora del tempo per continuare a testare il farmaco sui pazienti in modo da valutarne l’efficacia e la sicurezza tossicologica.