ANNALISA CAVALLO VISTA DA…

Annalisa Cavallo nasce a Ragusa il 27/04/1980. Autodidatta, sin da bambina sente l’esigenza di esprimersi attraverso il disegno e la pittura e il suo percorso inizia con l’arte figurativa. Nel corso degli anni si avvicina all’astrattismo e all’informale dove sperimenta l’utilizzo di diverse tecniche pittoriche e di materiali di riciclo. Negli ultimi anni il suo percorso di ricerca continua ripartendo dall’arte figurativa ed attuando una fusione con l’informale dando così vita al suo personale linguaggio espressivo. Nel suo percorso artistico sperimenta diverse tecniche e materiali che la porteranno a creare nuovi mezzi di espressione personale tramite l’utilizzo di differenti tecniche pittoriche.

 Tra i diversi eventi d’arte, mostre collettive ed estemporanee ai quali ha partecipato si segnalano: nel 2006 assemblea nazionale del WDA Europe (World Dance Alliance Europe) “Is it only Dance?” a Taranto. “Agrigento Arte” nelle edizioni del 2007 e del 2011. Nel 2008 collettiva in occasione dello spettacolo teatrale “Corti in Progress”, Amedeo Fusco Group, a Ragusa e Comiso. Nel 2010 “Notti al Castello” presso il castello di Donnafugata (RG). Nel 2011 “21° Istanbul Art Fair”, Istanbul, Tuyap (Turchia). Nel 2012 “Visioni dall’arte contemporanea”, dove ha esposto con E. Calabria, P. Guccione, A. Turchiaro, A. Barbante, D. Scuccess, S. Cimbali, S. Braido, B.Caruso, L. Messina, A. Di Modica e altri in una collettiva tenutasi a Roma presso il Teatro dei Dioscuri al Quirinale, a Buccino (SA) presso il Museo Archeologico di Buccino e a Ragusa presso il Castello di Donnafugata. Nel 2013 “L’arte cerca la gente” collettiva presso il Centro Commerciale Le Masserie di Ragusa. Nel 2013 la sua prima mostra personale “Fenditure” presso il Centro Commerciale Le Masserie di Ragusa.

 

Sentieri Infiniti

Ci sono altezze che sormontano montagne, ci sono abissi più tenebrosi dell’Ade dell’inferno e c’è una forza calda come la passione dell’abbraccio di due amanti, forze irresistibili e un campo magnetico che attrae e avvampa il cuore di ogni sconosciuto osservatore. Mondi velati compaiono alla vista, sono le visioni degli occhi accesi e ardenti, i sensori dell’anima di Annalisa Cavallo. Sguardi che scrutano oltre il mare. Sfumate fra i colori, ci sono dolori e gaiezze, c’è un mondo di pathos, è l’arte che sgorga fra le curve e negli intrecci della mente, nei meandri di questa nostra vita, è qui che si mostra e si lascia ammirare, in tutta la sua bellezza. Riecheggiano ritmi mediterranei, arrivano piano e intense le folate di adhou, il vento del deserto, che risale le scogliere ogni benedetta sera, poi, tra le falesie che, diventano impetuosa corrente, che piegano rocce come alberi, rasano, e scolpiscono colline e modellano in mille forme, la calcarenite rossa, riportando alla vista fondali marini emersi in superficie, al di sopra delle acque salate, che ornano il mediterraneo. E’ il vento che suggerisce i segreti del sublime e la notte, la notte, il mormorio lo senti? Quel deserto che piaceva agli anacoreti, agli atleti di Cristo, ai marabutti: è quel vento che aiuta a vincere, nella desolata Tebaide dei mistici, la difficile gioia della solitudine degli asceti. Storie antiche e atmosfere ammalianti risalgono nelle correnti, fra il sibilo sinuoso del ghibli e il pizzicare di corde di chitarra, affiorano visi muti. Sulle pareti compaiono graffiti sconosciuti, con i colori delle terre dell’Alhambra Andalusa. In queste sue personalissime raffigurazioni, l’artista, richiama l’icona delle ansie collettive, e ce la mostra nelle sue tensioni più disperate. In quelle magnifiche forme femminili, arrivano non solo le onde cariche delle grida, ma anche le grida mute delle donne oltraggiate e uccise in questa quotidianità. Ferite aperte, non rimarginate, barbarie consumate nel silenzio e nell’abbandono più assoluto. Le donne sono la testimonianza, il messaggio inequivocabile delle vittime che non hanno mai avuto tempo giusto, ne mai accettato frettolosa sepoltura. Quasi inavvertito è il dolore, pietrificato, immortalato nell’angoscioso ultimo tentativo, che è quello di usare la forza sorda e silenziosa che si erge lentamente da queste opere, per poter continuare a gridare al mondo: perché?  Urlando contro la disumanità, la ferocia e la crudeltà di uomini e di una comunità che ne ha spezzato per sempre, vite e speranze. Queste figure, continuano a denunciare un mondo colpevole, terribilmente impreparato alla loro libertà. I violenti non appaiono, la barbarie si è già compiuta. C’è l’assenza di quegli uomini che commettono le efferatezze più bestiali, uomini come noi… Ma, noi non siamo, e non potremo mai essere, uomini come loro… ecco, allora perchè, oltre a ribadire il carattere angoscioso delle persone, nei ritratti della Cavallo, affiorano tracce che divengono realmente testimonianze, specchi che riflettono gli angoli più bui della parte più malvagia dell’animo umano. Mostrano con severità, la sofferenza dinanzi alla nostra vita, tutto in primo piano, sui volti e nelle anime di esili creature sofferenti. Qui il supplizio e la solitudine hanno un immagine chiara e pregnante, le pene lasciano tracce grondanti di lacrime. Con assoluta abilità, ci viene svelata l’angoscia di questo nostro tempo, nel guardarci dentro, in quel comune tunnel del dolore di vivere, in quella sofferenza terrena dell’esistere, in quella inquietudine che scalcia e allontana ogni speranza. Osservando gli scorci ci si astrae e inavvertitamente si parte, si aprono orizzonti tra i fiotti di luce; i pennelli creano movimento e ci lasciamo trascinare alla deriva e l’abbandono ci conduce all’approdo del pensare di Pessoa: “È forse arrivata l’ora che io faccia lo sforzo concreto di dare uno sguardo alla mia vita. Mi vedo nel mezzo di un deserto immenso. Parlo di quello che ieri sono stato, cerco di spiegare a me stesso come sono arrivato fin qui”. E’ vero, nel racconto degli enigmi di Annalisa Cavallo c’è il rischio di perdersi sino a dissolversi completamente; smarrendosi, naturalmente, ci si ritrova soli, ma, concentrandosi si può davvero ritrovare se stessi, a volte, basta semplicemente accarezzarsi lievemente, con il tatto si percepiscono, anche sottotraccia, cicatrici profonde e sconosciute che ci stanno accompagnando, come un cane fedele, da una vita intera.

 

In queste opere c’è la ricchezza e la pazienza dell’esploratore, le narrazioni di ogni suo giorno tribolato, sono le pagine intime del suo diario: fogli sgualciti e cari, vissuti, raccontano albe di un lungo cammino e al chiarore della prima luce, si diradano sentieri infiniti. Questa donna sensibile attraverso la sua arte, continua ad analizzare minuziosamente ogni frammento, a incasellare ogni reperto, in questo viaggio ella custodisce un tesoro che alimenta ogni giorno, un campionario prezioso adorna con pienezza il suo mondo che incastona e tesse, con cura, con la stessa dedizione e la stessa padronanza delle beghine di Bruges. Le sue opere sono spiagge di terre apparentemente sconosciute, sono luci e ombre delle più segrete crepe, sono parole taciute per sempre, là sul filo di tante labbra spente, sono la pietà di un Cristo ancora al margine di questa vita. Chiome di capelli eruttati dal pensiero, ammantano l’anima nuda e vestono l’io. Ognuno, se vuole, può incontrare la propria solitudine e ascoltare il proprio cuore, vicino alla risacca di questa nostra anima inquieta e tumultuosa. Annalisa Cavallo infatti, prende tempo per meditare e ascoltare se stessa. Lo fa nella certezza, tutta umana del ritrovarsi, del riscoprirsi, affinché questa sua unicità, sia veramente il sale della terra che ci aiuta a condire, di noi stessi, quel che riusciamo a fare in questa vita (Rosario Sprovieri).