Attenti, sono già tra noi! Gli alberi di Natale

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

L’olimpiade del “fallo tu per primo” è già iniziata. Imprevedibilmente, i primi alberi nataliziano ovunque. Non solo nelle foto dei miei amici di Facebook. No. Anche nelle piazze della mia città. Da fine ottobre. E a seguire, nei supermercati, quei luoghi ameni dove fino a ieri compravo costumino e infradito. C’è fretta. Black prescia!

A questo punto, al quarantaduesimo pino dalle grandi palle luminescenti, mi sono arreso anche io.

E ho già osato il cambio-stagione. 

Dite che è troppo presto?

Maybe. Soffro di felpatio praecox. Saranno state le vagonate di acqua di questi giorni. O l’ansia da piumone. O il cambio di governo negli States.

Ho voluto anche io una svolta. Senza scriverlo su Facebook. 

Perdonatemi. Rimedio subito: comunico che ho ultimato il cambio-stagione. Il season’s richanging. Mi si comprenda. Non ho avuto il tempo materiale di pubblicarlo prima. Il lavoro, lo stress, le maratone-mentana. Mi assorbirono. Siamo un po’ assicutati dagli eventi. 

Forse ci siamo. Sapevamo che sarebbe arrivato prima o poi. 

Sì, va bene le foto in due pezzi della domenica di ottobre, tra le ondose luci e la schiuma del mare argentoso. Va bene la cartolina dalla Sicilia con amore, con tanto di stuoia autunnale nel deserto e unghia incarnita in primo piano. Va bene tutto su Facebook. 

Ma nel pianeta reale una certa escursione la si avverte già. Un agghigghiare del secondo pomeriggio c’è. Diciamocelo, suvvia!

In lontananza la si sente già Gertrude, la maglia della salude. Lo so. Con l’abbronzatura la candida Gertrude un minimo stride. 

Stride Gertrude. Ma essa è. E tutto il resto è illusione ormai. 

Ma soggiungiamolo. Questa stagione è iniziata con brio. Mi chiedono insistentemente se Trump metterà fine a tutte le guerre mondiali, quando io non so neppure che milza mettermi addosso la mattina.

Una volta in autunno mi cadevano le foglie. Oggi… Ho detto tutto. Ho fatto il cambio. Spero di non dovermi pentire. L’ultimo cambio che ho agito la settimana scorsa mi si è rivoltato contro senza pietà. Un’ondata  malto-subsahariana mi costrinse a tornare sui miei armadi. E sui bermuda dimenticati. 

Amo queste variazioni cicliche nel copione delle nostre vite. In Sicilia e altrove. Ci trasformiamo senza riposo. Miglioriamo come il vino nelle cantine più inquiete. Per tornare sempre e comunque, al punto di partenza: casa nostra. Come ubriachi che passeggiano sul cerchio disegnato da uno spago di ricordi.

Ma oramai abbiamo troppa fretta. Un attimo fa galleggiavamo tra l’anguria e il pezzo duro. Ora saltiamo (con l’asta) dal pandorino alla colomba pasquale, come se non ci fosse un domani. Ed è già ieri.

E tuttavia non me la sento di far finta che sia Ferragosto. Amici surfisti. Stasera forse non sarò dei vostri. Cominciate pure senza di me. Lo so, il vento è perfetto. La temperatura tonificante. L’onda è magica. Il nevischio fascinoso. La tenebra invitante. Ma io non me la sento. La stufa mi parla, il divano mi canta, la copertina mi stuzzinìa. E alle 21.15 inizia la nuova serie Netflix sugli 883, che poi non ho mai capito perché si sono sciolti. In fondo erano solo due. 

No. Non è l’età. È la resilienza. Credetemi. La mia mente vorrebbe aggredire l’oceano fino a mezzanotte sotto la luna, le nuvole e le stelle, ma il mio corpo resiste. Resilia. Resilione! Voi solcate audaci i flutti dell’eroico volo. Io oramai abito la psicologia del tiepido accascio. Ma va bene così. Sarò con voi con il mio spirito. Sì, infatti anche due gocce di lemoncello ci stanno bene. Nella tempesta perfetta di casa mia.

Buon Natale.

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