Primo episodio: il Messaggero ha rivelato che un 45enne romano rischia il processo perché la Procura della capitale ha chiuso l’inchiesta nei suoi confronti con l’accusa di maltrattamenti in famiglia. Tra questi spicca l’episodio di avere fatto rasare i capelli con lo stemma della Juventus ai figli di sei e otto anni. Dopo l’ultimo episodio la moglie dell’uomo ha sporto denuncia anche perché i bimbi non erano affatto contenti della decisione del padre, visto che i loro compagni sono laziali o romanisti e dunque temevano di essere presi in giro. I fatti risalgono al 2021. Nella denuncia depositata in Procura viene sottolineato che l’uomo avrebbe più volte parlato male della madre ai bambini. Poi l’episodio della rasatura che, sommato alle altre vessazioni, per la Procura appare proprio come un maltrattamento anche perché inflitto a minori che in conseguenza a quella decisione del genitore avrebbero manifestato disagio.
Secondo episodio: su Internet è virale un video che mostra alcuni bambini che cantano in aula l’inno della Roma, in occasione della vittoria della squadra giallorossa contro il Feyenoord in finale di Conference League. È accaduto in una classe della primaria dell’istituto comprensivo ‘Caterina Usai’ nel quartiere Talenti della Capitale. Ma non tutti i bimbi cantano: qualcuno resta in silenzio e qualcuno piange. Polemica sui social nei confronti della maestra che, secondo gli utenti, avrebbe obbligato i piccoli a cantare senza tener conto di una eventuale altra ‘fede’ calcistica: “Da romanista, mi tocca difendere la laicità della scuola”, si legge, e ancora: “La maestra che ha fatto cantare l’inno della Roma a tutta la classe, obbligando anche i bambini laziali, ha abusato della posizione di potere che implica il suo ruolo”.
Se fosse soltanto per questo, dovremmo difendere allora tutti i bambini dai rispettivi genitori che impongono loro la squadra del cuore. Giusto?