Il 25 Novembre è stata celebrata la giornata contro la violenza sulle donne: un modo per dire basta alla violenza nei confronti delle donne e per fare in modo che si parli di “femminicidio”. Si tratta di un vero e proprio crimine che conduce le donne alla schiavitù o alla morte stessa. Tale termine è stato introdotto in tutto l’occidente, per far comprendere che uccidere una persona, perché ci si ritiene proprietari del suo corpo, della sua vita, della sua libertà, non è più una motivazione da tollerare.
A livello mondiale tale fenomeno è diffuso soprattutto nei paesi dell’America centrale e del sud. In Italia tristemente è entrato nella quotidianità e sembra crescere di anno in anno, portando alla morte 116 donne soltanto nel 2016. Per prevenire tali crudeltà sono nate delle organizzazioni per aiutare tutte le donne vittime di violenza. A Roma, il 26 Novembre 2016 la rete dei movimenti femministi ha deciso di organizzare un corteo, a cui hanno partecipato uomini, donne, ragazzi e bambini per dire basta a tutto questo e per lanciare un urlo, “l’urlo altissimo e feroce di tutte quelle che non hanno voce”. È un grande passo avanti, ma, purtroppo, manifestare tutto ciò, probabilmente, non cambierà a breve il fenomeno. Non basta una legge o un corteo per salvaguardare la donna, ma, col tempo, forse tali azioni riusciranno a cambiare la cultura e la mentalità. Questo corteo non rappresenta soltanto un momento di lutto, ma soprattutto una speranza per tutte quelle donne che ancora oggi subiscono delle violenze. La violenza non è altro che la conseguenza di una società patriarcale e maschilista, incapace di concepire la donna come un essere autonomo e non più sottomessa al volere del padre e del marito. Proprio per questo anche in Italia si è diffuso il femminismo, un movimento sociale di contestazione nata alla fine degli anni ’60 e andata avanti anche negli anni ’70. Ogni giorno, i diritti delle donne vengono violati ed è ora di porre fine a tutto questo proprio perché il termine “amore” non significa possesso della donna cui chiedere obbedienza assoluta, cui negare la libertà dei sentimenti. Si tratta, quindi, di modificare il fenomeno sociale e la mentalità culturale, rispettando la personalità della donna, le sue scelte e le sue decisioni.
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Articolo redatto da: Chiara Pavia e Rosita Cucchiara
IV C S.I.A
Istituto Tecnico Economico & Turismo “G.Garibaldi”
Docente referente del Progetto: Maria Rita Bellafiore