BULLISMO: CHE FARE?

Il bullismo è una forma di prepotenza ricorrente e continuativa perpetrata ai danni di una vittima che subisce tale persecuzione provando angoscia e svalutazione. Nell’era di internet il bullismo è diventato anche tecnologico, si tratta del bullismo cibernetico o cyber bullismo, ovvero un’azione aggressiva e intenzionale, messa in atto da un individuo o da un gruppo di persone, ripetutamente nel tempo, utilizzando mezzi elettronici (e-mail, chat, blog, telefoni cellulari, siti web o qualsiasi altra forma di comunicazione riconducibile al web), nei confronti di una persona che non può difendersi facilmente. Ecco un paio di fatti di cronaca di qualche tempo fa che riportano episodi di cyberbullismo: “Caserta: 5 minori aggrediscono un loro coetaneo con schiaffi, calci, pugni e umiliazioni davanti a tutti i compagni di classe. Il ragazzo, colpito all’occhio con la punta di un ombrello, ha rischiato di perderlo. Tutti questi fatti sono stati ripresi e pubblicati su Youtube. Keeley Houghton, ragazza inglese, è finita in carcere per atti di bullismo via internet, ha scritto sulla bacheca di facebook minacce di morte a una sua coetanea, Emily Moore, di notte mentre era ubriaca”.

Nelle scuole, le situazioni di bullismo, sono piuttosto frequenti, quelle che arrivano alla ribalta dei giornali sono solo le più drammatiche, quelle che finiscono in tragedia. Ragusa per esempio ne registra diverse. Nel 2005 colpì molto l’opinione pubblica quel terribile caso che rese vittime di tali episodi due ragazzini di scuola media che finirono col togliersi la vita. Questi due episodi furono tra l’altro preceduti da altri simili.  

Ma chi è il bullo? Il bullo è un ragazzo/a che ha subito violenza (fisica e psicologica) innanzitutto in famiglia e che tratta gli altri nel modo in cui egli stesso è stato trattato per primo. Si tratta di bambini o ragazzini aggressivi verso i coetanei, verso gli insegnanti, verso i genitori. Sono ragazzini impulsivi, scarsamente empatici, incapaci di stabilire relazioni positive, con basso livello di autostima, bassa tolleranza alla frustrazione e difficoltà nel rispettare le regole. Nei loro comportamenti si riscontra il tentativo di mascherare debolezze e fragilità con l’aggressività. Come si evince, le loro condotte non sono né immotivate, né bizzarre, ma frutto di disagi relazionali ed esistenziali particolarmente consistenti.

Gli interventi in questi casi non possono essere messi in atto solo dalla scuola, occorrerebbe un lavoro sinergico con altre istituzioni e il coinvolgimento della famiglia. Poiché in questi casi i limiti a intervenire in modo profondo sono molti, dalla mancanza di risorse economiche da parte dei servizi pubblici, alla scarsa motivazione al cambiamento delle famiglie interessate, può risultare ugualmente importante optare per interventi parziali, che si orientino verso la riduzione del danno. In altri termini, la scuola, nei casi veramente gravi (quelli che mostrano avere i requisiti per sfociare in tragedia), non deve sottovalutare il problema, è opportuno invece che chieda tempestivamente l’intervento specialistico, sia per la diagnosi che per le eventuali strategie da adottare, agli operatori del servizio pubblico o a professionisti esterni.

Dott.ssa Sabrina D’Amanti psicologa e psicoterapeuta

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Studio di psicoterapia a Vittoria e Ragusa