Caporalato: a Ragusa e San Ferdinando condizioni disumane. La denuncia di Emergency. Intanto oltre 10 mila segnalazioni alla linea help della Regione

In provincia di Ragusa, la situazione dei lavoratori stagionali è drammatica. Le condizioni di vita dei braccianti agricoli sono definite “disumane” da Michele Iacoviello, vice coordinatore di Programma Italia di Emergency. L’organizzazione, che opera dal 2011 per offrire assistenza sanitaria ai migranti attraverso cliniche mobili e strutture fisse, denuncia il degrado e la schiavitù cui sono sottoposte queste persone. Vivono in case abbandonate o in baracche costruite con materiali di fortuna, privi di servizi igienici, acqua corrente ed elettricità. Questa situazione è aggravata dall’impossibilità di curarsi senza perdere giornate di lavoro, rischiando di essere sostituiti.

Il contesto non è migliore a San Ferdinando, in Calabria. Qui, i migranti sono costretti a vivere in una tendopoli priva di servizi essenziali come acqua corrente ed elettricità. Le condizioni di vita sono simili a quelle di Ragusa: degrado, abbandono e sfruttamento estremo. Iacoviello racconta che questi lavoratori sono trattati come bestie e vivono in una situazione di totale abbandono, senza alcuna protezione o supporto adeguato.

La denuncia di Emergency è chiara: “Il degrado e la schiavitù cui sono costrette queste persone non sono degne di un Paese civile”. La tragica morte di Satman Singh, un bracciante indiano deceduto dopo essere stato abbandonato dal suo datore di lavoro con un braccio amputato, è solo uno dei molti esempi di sfruttamento e violenza che avvengono in diverse aree d’Italia. Dal 2016 al 2020, Emergency ha operato nell’Agro Pontino con una clinica mobile per fornire assistenza sanitaria ai migranti, in collaborazione con l’azienda sanitaria provinciale, e continua a farlo oggi in altre regioni italiane, tra cui la Puglia, la Campania e la Sicilia.

La gravità della situazione è evidenziata anche dalle oltre 10.000 segnalazioni ricevute dalla linea help della Regione. Queste segnalazioni testimoniano la diffusa presenza di situazioni di sfruttamento e le condizioni disumane in cui vivono e lavorano i braccianti agricoli in Italia.

Emergency, attraverso il suo lavoro, cerca non solo di garantire un corretto percorso di cura ai migranti, come sancito dalla Costituzione italiana, ma anche di denunciare le condizioni di sfruttamento. “Le morti come quelle di Singh non dovrebbero più accadere nel nostro Paese”, sottolinea Iacoviello, ribadendo l’urgenza di interventi concreti per migliorare le condizioni di vita e di lavoro di migliaia di braccianti agricoli in Italia.

Intanto oltre 10 mila le persone che si sono rivolte alla help line realizzata dalla Regione Siciliana.

Sono state circa diecimila le richieste di informazioni e di ascolto arrivate negli ultimi 3 anni all’Helpdesk Anticaporalato del progetto Su.Pr.Eme, per la prevenzione e il contrasto allo sfruttamento del lavoro in agricoltura. Duemila i casi presi in carico dagli operatori e, tra questi, 192 hanno riguardato vittime accertate di sfruttamento lavorativo che sono state ascoltate e orientate ai servizi di emersione e protezione, garantendo loro tutto il supporto necessario. È il bilancio di uno dei servizi del programma interistituzionale che vede collaborare tutte le regioni del Sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia), con la Sicilia in qualità di capofila, assieme al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali – Direzione generale Immigrazioni.

«La morte di un lavoratore agricolo indiano avvenuta nei giorni scorsi a Latina, che si aggiunge ai decessi registrati nel recente passato nella nostra Isola – dice Nuccia Albano, assessore regionale al Lavoro e alle Politiche sociali – ha acceso nuovamente i riflettori sul caporalato e sullo sfruttamento lavorativo. Il programma Su.Pr.Eme. ha messo a disposizione di oltre 15 mila beneficiari numerosi dispositivi e strumenti per affrancarsi ed emergere in una sfera di diritti e dignità. Esprimo vicinanza alla famiglia del giovane bracciante indiano – prosegue Albano – e a tutte le comunità straniere presenti in Italia che con il loro lavoro contribuiscono significativamente al benessere del nostro Paese, anche se troppo spesso finiscono nelle maglie di imprenditori che li sfruttano e offrono “lavoro indecente”. Inoltre, pur essendo nato il servizio per supportare i lavoratori migranti nelle regioni del Mezzogiorno, il 55 per cento delle chiamate proveniva da regioni del centro-nord, confermando che il caporalato è una piaga nazionale senza distinzioni tra settori produttivi e territori».

L’Helpdesk Anticaporalato è un servizio multicanale, multilingue, specialistico, che, attraverso un numero verde (tel. 800 939 000), un messaggio WhatsApp (tel. 350 909 2008) o uno dei numerosi canali social collegati, è in grado di raccogliere segnalazioni e denunce dei lavoratori stranieri sfruttarti, accompagnandoli verso una rete di servizi a loro disposizione e fornendo loro ogni forma di tutela legale. È attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 18.30 e risponde in 15 lingue (italiano, inglese, francese, arabo, pidgin, edo, benin, wolof, mandingo, fula e pular, pashto, urdu, punjabi ed hindi).

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