CARNE ROSSA: FA DAVVERO “COSÌ MALE”?

Quando si parla di proteine di origine animale, fonte superba di aminoacidi essenziali e substrati nobili per l’accrescimento, gli esperti di nutrizione sono concordi nel dare il primato alla carne rossa, ma negli ultimi anni l’attenzione si sta spostando verso un’altra, meno pregiata, caratteristica di questa categoria alimentare: le carni di vitellone, manzo, cinghiale e pecora forniscono, infatti, oltre alle già citate proteine, alte concentrazioni di grassi saturi, molecole rapidamente convertite in colesterolo e aventi, pertanto, un ruolo chiave in patologie multifattoriali quali aterosclerosi, sindrome metabolica, obesità e alcune forme di tumore.

Le linee guida italiane più recenti (fonte INRAN) raccomandano un consumo inferiore a una o due volte al mese in termini di prevenzione e/o in presenza di elevato rischio cardiovascolare, diabete e altre patologie. È infatti probabile che il consumo frequente, superiore cioè a due volte a settimana per l’uomo e una volta per la donna, di questo tipo di carni, rappresenti un pericolo più che un beneficio per la salute dell’individuo, ovviamente in relazione alla presenza di altri fattori di rischio, altamente variabili da persona a persona, quali predisposizione genetica, patologie concomitanti, stile di vita, fumo, sedentarietà e consumo eccessivo di alcol.

Alcuni ricercatori, tuttavia, hanno messo in dubbio il collegamento tra carne rossa e malattie cardiovascolari, almeno nei termini drastici con cui è stato posto finora.

Come stabilire, dunque, se il consumo di carne rossa sia totalmente da demonizzare oppure da considerarsi, entro certi limiti, innocuo? I nutrizionisti che si mantengono su posizioni più moderate suggeriscono di valutare il consumo delle carni rosse nel contesto dell’intera dieta. “Un approccio drastico che preveda di smettere di mangiare tutti i tipi di carne rossa potrebbe non essere una buona idea”, ha spiegato Dariush Mozaffarian, epidemiologo della Harvard University. “Non tutta la carne rossa è uguale. Si può scegliere”. Come scegliere, però, è oggetto di un dibattito ancora aperto, e valutare tutte le “tabelle di composizione degli alimenti” pubblicate dall’INRAN non è di certo il metodo più veloce o pratico.

Di recente, un certo numero di studiosi ha ipotizzato che alcuni modi di trattare la carne – in particolare la conservazione con additivi chimici – o di cuocerla, sarebbero più pericolosi del suo contenuto di grassi saturi, a causa della maggiore produzione di composti altamente tossici, specialmente nel caso di preparazioni più grasse come hamburger o costolette. Ad esempio, uno studio pubblicato lo scorso febbraio su Food Chem Toxicol, oltre a ribadire che “un consumo eccessivo di carni rosse sembra associarsi all’aumento del rischio di sviluppare tumori, soprattutto a carico dell’apparato gastrointestinale, della prostata e della mammella, probabilmente a causa dei composti mutageni e cancerogeni che si sviluppano durante la cottura”, afferma che la cottura alla brace è la più dannosa in termini di produzione di molecole tossiche e cancerogene per l’organismo. In particolare, gli autori di questo lavoro hanno calcolato l’impatto del consumo di carne sulla qualità della vita, in termini di anni di vita con disabilità. Questi anni aumenterebbero del 50% per coloro che consumano prevalentemente carne cotta al barbecue, rispetto a coloro che non ne consumano mai o che la preferiscono fritta. Inoltre, l’impatto negativo è maggiore per i tumori del colon-retto, del seno e del pancreas. La cottura arrosto sembra invece maggiormente protettiva ed efficace nella riduzione della perdita degli anni in salute, sia rispetto agli altri tipi di cotture che rispetto al non consumo di carne rossa.  Sulla base di queste osservazioni è stato calcolato che “se un uomo di 67 anni sostituisse la carne rossa alla brace con l’arrosto, potrebbe prevenire la perdita di 3 giorni in salute all’anno; il beneficio per una donna della stessa età sarebbe maggiore, e pari a 4,5 giorni in più in salute all’anno”.

Si dovrebbe, dunque, prestare più attenzione proprio all’aspetto di preparazione della pietanza – buona norma igienica valida per tutti gli alimenti -, per ridurne gli effetti nocivi, e ricordare che un consumo oculato di questo alimento, alias grigliata all’aperto o arrosto domenicale una tantum, non è da demonizzare; se poi si accompagna la bistecca con un’abbondante porzione di verdura cruda o cotta, il rischio per la salute si riduce ulteriormente!

Inoltre, ricordiamo che si dovrebbe tener conto dell’intera dieta per valutare quali siano le abitudini alimentari sane e quelle dannose. Per esempio, fare a meno della carne rossa e compensare con cibi come pizza, pane bianco e gelato, molto probabilmente non gioverebbe a nessuno, dal momento che anche un eccesso di zuccheri semplici ha tutto fuorché effetti benefici per la salute. I grassi saturi, inoltre, sono tipici di molti prodotti di origine animale (carni grasse, insaccati, burro, panna, formaggi, latticini), pesce escluso, quindi limitarne il consumo in generale, soprattutto se si ha la tendenza ad avere valori elevati di colesterolo nel sangue, rappresenta un’ottima forma di prevenzione.