Ricorrono fra poco due anniversari che riguardano Mons. Matteo Gambuzza: il centenario della nascita (7 dicembre 2010), i dieci anni dalla morte (18 dicembre 2011). Le celebrazioni inizieranno il 7 dicembre prossimo, con una concelebrazione in San Pietro di Modica alle 18,30 presieduta da Mons. Francesco Guccione e con un intervento di don Carmelo Lorefice; proseguiranno a giugno con un Convegno storico-teologico per ricostruire il senso di una testimonianza sacerdotale intensa e solida, ma anche aperta al soffio dello Spirito, al rinnovamento del Concilio Vaticano II; ed avranno ulteriori momenti a dicembre dell’anno prossimo. Non si vuole però solo celebrare, si vuole cogliere questa occasione per tenere vivo il messaggio e la testimonianza di un uomo che ha fondato tutta la sua vita su Dio e che trasmetteva a tutti speranza e coraggio, affascinando soprattutto i giovani.
Per la gente di Modica tutta resta ancora “u beddu patri Gambizza”, quasi la misura del prete vero e per certi versi – ascoltando molti – la richiesta che tutti i preti siano come lui, alti e nobili nei sentimenti, sempre uomini di comunione e sempre vicini ai poveri. La parrocchia che l’ha avuto parroco per più di quarant’anni (dopo essere stato per venticinque anni vicerettore del Seminario) sa che la sua testimonianza riguarda tutti, e ci chiede una vita cristiana santa, impegnata, totale, non mediocre. Sul rapporto pastore-comunità, vale la pena richiamare quanto ebbe a dire Mons. Nicolosi nell’omelia dei funerali: “Monsignore pastore lo è stato di buon animo, con la lietezza di chi poteva dire “non mai pensato di poter essere altro se non sacerdote” … Monsignore era contento della sua strada, si sentiva un cuore di pastore, esserlo per tutti era la sua gioia … Se San Pietro è stata, negli anni, un luogo di crescita e di maturazione di sensibilità significative, anche per la vita della nostra diocesi, credo che il merito decisivo sia stato di Monsignore… Ha sempre aspettato serenamente i tempi giusti per tutti, non ha mai fatto di sé il modello di un’autorità intrusiva e intollerante. Ha lasciato fare, confidando in Dio, e ha visto frutti per quali mi confidava la sua intensissima gioia, la sua lode ininterrotta a Dio”.