Che cosa è la salute? Prima di tutto un diritto, un diritto inalienabile della persona: ma questo concetto che può sembrare persino ovvio non è lo è stato, in realtà, per molto tempo.
Solo con la Rivoluzione Francese si è iniziato a riconoscere al singolo individuo il diritto di essere portatore di diritti (l’individuo che diventa cittadino, colui/colei su cui si incentrano le norme e le relazioni sociali che precedentemente avevano per oggetto non il singolo ma il gruppo o la categoria sociale di appartenenza – patrizi/plebei, uomini liberi/schiavi, servi della gleba/vassalli ecc.).
Ma la salute non è ancora inclusa tra i diritti naturali e imprescindibili dell’uomo che sono quelli alla libertà, alla proprietà, alla sicurezza, e alla resistenza all’oppressore; nonostante ciò, lo stato “rivoluzionario” si sforza di tutelare la salute dei suoi cittadini attraverso la costituzione del 1791.
Poche righe, sicuramente provocatorie, le mie, ma si può vedere l’embrione di un concetto di salute che travalica l’ambito sanitario per congiungersi indissolubilmente a quello che noi oggi chiameremo politica ambientale, sociale, abitativa, nutrizionale.
È necessario però attendere la fine della seconda guerra mondiale e la nascita dell’Organizzazione mondiale della Sanità per vedere riconoscere alla salute il valore di diritto dell’uomo.
La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto nell’assenza di malattia o d’infermità.
La Dichiarazione del Millennio elenca 8 obiettivi da raggiungere entro il 2015: per ogni obiettivo sono indicati dei sotto-obiettivi specifici.
Uno di questi è eliminare la fame e la povertà estrema come ridurre del 50% il numero di persone che soffre la fame.
Assicurare a tutti una istruzione di base ossia a tutti i bambini e le bambine per un ciclo completo di istruzione primaria.
Promuovere l’eguaglianza tra i sessi e valorizzare le donne.
Ridurre la mortalità tra i bambini vale a dire ridurre di due terzi il tasso di mortalità tra i bambini di meno di 5 anni.
Migliorare la salute delle madri e ridurre di tre quarti il tasso di mortalità materna.
Combattere AIDS, malaria e altre malattie arrestare la diffusione e iniziare a ridurre l’incidenza di HIV/AIDS, malaria e tubercolosi.
Realizzare uno sviluppo compatibile con l’ambiente riducendo del 50% il numero di persone prive di una fonte sicura di acqua potabile e migliorare significativamente, entro il 2020, le condizioni di vita di almeno 100 milioni di abitanti delle bidonvilles.
Sviluppare una collaborazione mondiale finalizzata allo sviluppo della vita.
Nel 2002 veniva stimato che ogni anno muoiono nel mondo 10,8 milioni di bambini di meno di 5 anni. Il 41% di queste morti si verifica nell’Africa sub Sahariana e il 34% nell’Asia meridionale. Sei paesi (India, Nigeria, Cina, Pakistan, Congo, Etiopia) “forniscono” da soli, più del 50% dei morti, e 42 paesi più del 90% (fig. 1). Il numero assoluto di bambini morti è tuttavia in rapporto con il numero complessivo di bambini, e non stupisce quindi trovare ai primi posti Paesi enormi quali Cina e India.
Molti contestano la discussione sulle “cause” della mortalità infantile, ritenendo che l’unica causa “vera” sia semplicemente e unicamente la povertà: di fatto, tre fattori strettamente correlati con la povertà sono i principali determinanti della mortalità infantile. Essi sono rappresentati dalla scarsa igiene ambientale (soprattutto dell’acqua), le nascite troppo ravvicinate (che riducono la possibilità di accudire e nutrire i bambini piccoli), e la mancanza del latte materno (che, da sola, fa aumentare Negli ultimi anni, è diventata una vera e propria tendenza sottoporre i bambini e gli adolescenti a terapie a base di psicofarmaci al fine di trovare soluzioni (o forse “guarire”) problemi che andrebbero invece affrontati con metodologie pedagogiche e educative. Il caso più eclatante è quello della cosiddetta sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), “malattia” che viene ormai diagnosticata sin dal primo anno di vita: bambini irrequieti, vivaci e indisciplinati e adolescenti “ribelli” possono quindi venir “schedati” e diventare oggetto di cure psichiatriche che associazioni di genitori, insegnanti e medici contestano per la loro eccessiva genericità e invasività. di 5-7 volte il rischio che un lattante muoia per diarrea o polmonite).
La campagna nazionale per la difesa del diritto alla salute dei bambini assieme al Comitato di Giù le mani dai bambini ® non vuole essere una crociata contro l’una o l’altra multinazionale del farmaco o contro specifici prodotti farmacologici: unico scopo dell’iniziativa è di porre nuovamente il bambino e la sua famiglia al centro dell’attenzione, tutelando i loro diritti, e non escludendo a priori (pur nel rispetto dell’autonomia della classe medica) soluzioni alternative a quelle strettamente farmacologiche.