Nell’antica Pescheria, nel cuore del centro storico di Vittoria, trasformata in sala convegni e intitolata al poeta Emanuele Mandarà, ancora una conversazione che risponde all’obiettivo di scrivere la storia culturale di una città che ha saputo sviluppare in un percorso parallelo una grande vitalità artistica accanto ad una profonda cultura contadina.
É stato un connubio fantastico che ha permeato in diverse declinazioni l’intera architettura urbana dell’800: non solo i nobili o la ricca borghesia del tempo ma anche il grande o piccolo contadino faceva ornare la facciata della propria casa, per quanto modesta potesse essere, di fregi liberty che definivano fiori e volti femminili, a caratterizzare il decoro architettonico di una città che tanto aveva dato all’economia isolana. È il liberty degli scalpellini, dei capimastri, dei decoratori, tutti di grande talento, i quali hanno fatto di Vittoria ” la città del liberty”.
Purtroppo si è salvato ben poco delle case della piccola borghesia o ancor più del mondo contadino nella furia “innovatrice” degli anni 60: ubriacati dall’idea dei condomini che ” facevano tanto città”, si iniziò uno scempio urbanistico che stravolse l’aspetto di un grande paese e della sua storia. Parlare di Liberty e degli artisti locali che lo interpretarono e ne furono espressione è un atto restitutivo alla memoria: così va letto l’omaggio reso dal prof Alfredo Campo a Emanuele Ingrao scultore e disegnatore di facciate di molti edifici pubblici e privati, al quale il 21 aprile alla presenza delle autorità cittadine e di rappresentanti della cultura locale sarà intitolata una via cittadina.