COMISO, NO SISTEMA, NO PARTY!

Fra inaugurazioni e convegni crescono le aspettative per quello di cui potrà beneficiare il territorio con l’apertura dell’aeroporto di Comiso.

Siamo fermi alle ineccepibili osservazioni di esperti, a vario livello, che si possono condensare nella massima che “occorre fare sistema”. Molto più volgarmente, si ritiene che occorra un esperto e navigato guidatore che sappia condurre la gestione dello scalo, si badi bene non un pilota da formula uno ma un autista, con anni di esperienza sulle spalle, uno di quelli che si muovono all’insegna del “chi va piano va lontano”.

Non ci servono miliardari americani o comitive di VIP ma solo il dopolavoro Enel di Grosseto o Lecce che non avrà bisogno della limousine o dell’elicottero per trasferirsi in albergo. Numerosi ma buoni i turisti,  come i loro soldi, senza soluzioni di continuità.

Nelle more dell’attesa di un traffico che risulti decente non solo per l’aeroscalo ma piuttosto per il territorio, non mancano articoli sulla stampa nazionale che impensieriscono non poco.

Si riporta qualche considerazione su cui, in verità, eravamo riusciti a riflettere anche da soli, ma che avevamo attentamente evitato di esternare per evitare di essere inclusi tout-court nel novero dei denigratori di professione, animati da chissà quali interessi o quali voglie di critica incompetente fine a se stessa.

Marco Giovanniello (linkiesta.it /23.6.2013) esordisce catalogando Comiso come l’ultimo arrivato nella lista degli aeroporti inutili italiani, doppione superfluo di Fontanarossa.

Perché, allora, ci chiediamo, i catanesi avrebbero investito a Comiso ? Non potrebbe essere un investimento in una struttura dalla pista allungabile come, invece, non è Catania ?

Ma l’autore dell’articolo è pronto a mettere la mano sul fuoco che nessuna linea aerea atterrerebbe su Comiso per portare turisti  per ripartire con un aereo vuoto. Salvo fidarsi della mano pubblica che acquisterebbe i biglietti invenduti come sarebbe previsto dagli accordi finora sottoscritti con qualche compagnia.

Grazie ai miracoli dell’autonomia regionale, sovrana in Sicilia, si possono pagare prestazioni che potrebbero essere espletate a Catania senza costi ulteriori. La Sicilia è sui titoli dei giornali per vicende di corruzione agghiaccianti, ma senza dubbio l’opinione pubblica locale è convinta che quelli per l’aeroporto siano soldi spesi bene. Ma l’arrivo in più sarà semplicemente sottratto a Catania, con un bilancio sostanzialmente in pareggio per il territorio, in termini di presenze, ma con costi, inutilmente, duplicati.

Ci resta la consolazione che Comiso non è il solo aeroporto inutile: “Cuneo ha solo voli che vengono “deportati” dalla politica dall’ aeroporto di Torino; a Perugia c’è un aeroporto nuovo e inutile, che nulla può offrire in paragone a Fiumicino; in Puglia il dualismo fra Bari e Brindisi risveglia gli appetiti di Foggia e Taranto. In Calabria ci sarebbe Crotone da chiudere, ma invece ogni tanto si parla di un nuovo aeroporto a Sibari. Albenga era caro a Scajola e aveva voli quando era ministro, voli che venivano immediatamente chiusi se perdeva l’incarico, in Romagna si piange l’ingiusta perdita di Forlì, mentre i passeggeri sono ben felici di usare Bologna. In Sardegna si aprono e chiudono aeroporti assurdi, in Abruzzo pare che al già piccolo Pescara si affiancherà un aeroporto all’Aquila, con corredo di vigili del fuoco, poliziotti, addetti al controllo dei passeggeri, rampisti, inservienti, appalti per le pulizie. Per far girare questa macchina infernale, che tra l’altro toglie passeggeri, ricavi e profitti agli aeroporti sani, si paga a caro prezzo qualcuno perché faccia voli per i quali solo una manciata di passeggeri pagherebbe il biglietto pieno. Persino Verona è andata sull’orlo della crisi finanziaria per la grande generosità nei confronti di Ryanair, dopo aver fatto lo stesso errore nel controllato aeroporto di Brescia”.

Il nuovo aeroporto di Perugia, ristrutturato su progetto di Gae Aulenti, è costato 42 milioni di euro, il nostro, senza ‘firma’, 47.

Sempre secondo l’autore, gli accordi con le linee aeree, che vengono pagate anziché pagare per usufruire dei servizi aeroportuali, come accade negli aeroporti degni di esistere, sono segreti, ancorché onorati con denaro dei contribuenti. Pubblico è solo il dissesto, che arriva inesorabile dopo qualche anno, quando finiti i soldi Ryanair se ne va, alla ricerca del nuovo aeroporto gonzo.

Si auspica una politica di trasparenza che renda pubblici i contributi diretti e indiretti versati a favore del funzionamento degli aeroporti e all’effettuazione di voli e assegni eventuali contributi solo in base ad una gara trasparente, ove non si possa ricorrere alla privatizzazione.

Non si possono provocare, con i soldi pubblici,  fenomeni di concorrenza come quelli fra Trapani e Palermo, Comiso e Catania, Cuneo e Torino, concorrenza sleale che porterà l’aeroporto danneggiato a reclamare soldi dallo stesso territorio,  in una spirale perversa che arricchisce le linee aeree beneficiarie, in genere estere e impoverisce gli enti locali e gli aeroporti, in genere di proprietà italiana.

In definitiva, preoccupandosi poco di Comiso che, in fondo, è partecipato da Catania, si auspica una politica di coordinamento che riconosca l’esistenza di un sistema aeroportuale e non le singole strutture, conclusioni non tanto dissimili da quelle di un recente convegno, ma la domanda resta una sola: “ Se non si riesce a fare sistema, cosa succede?”