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Condannato per un pomodoro: ora la Cassazione assolve l’imprenditore di Vittoria
21 Mar 2025 08:57
Il caso fece scalpore. Per la prima volta, il 20 novembre del 2019, un imprenditore veniva condannato per avere riprodotto delle piante di pomodoro con semi di varietà protetta da brevetto, la varietà “Snack”. In primo grado di giudizio Salvatore Dezio legale rappresentante dell’azienda agricola di Vittoria, “Dezio Salvatore e Giuseppe soc. sempl”, era stato condannato a un anno di reclusione, 15.000 euro di multa, e al pagamento di 50.000 euro in favore dell’Aib e 50.000 euro in favore di Syngenta Crop protection AG, produttrice della varietà di semi contestata, sentenza confermata in secondo grado. Ora la Cassazione ha annullato in via definitiva la condanna dell’imprenditore agricolo, difeso dall’avvocato Giuseppe Russotto, riconoscendo “la mancanza dell’elemento soggettivo del dolo”.
I fatti e la storia processuale
Era stato un esposto denuncia promosso dall’amministratore delegato dell’Aib (Anti-Infringement Bureau for Intellectual Property Rights in Plant Material, associazione internazionale di diritto che ha come obiettivo la lotta alla contraffazione nel settore delle sementi) a fare partire una serie di verifiche in diverse aziende. Il 10 novembre del 2016, nell’azienda Dezio vennero prelevati 703 campioni di piantine in ragione di 30 per ogni 100.000 che vennero poi sottoposte ad analisi complesse che portarono al rinvio a giudizio di Dezio.
La difesa
La difesa dell’imprenditore fornì le fatture del prodotto che l’imprenditore riteneva di avere acquistato e che era pubblicizzato come varietà “Pakyta l’erede di Snack che resiste ai virus”. L’azienda agricola aveva “acquistato le piantine da terzi che a loro volta le avevano acquistate da una società vivaistica riconosciuta a livello nazionale – ha ricordato l’avvocato Russotto anche nel ricorso promosso davanti alla Suprema Corte – per cui Dezio non poteva neanche supporre che fossero state illecitamente riprodotte”. Ma l’imprenditore venne condannato.
L’annullamento della condanna
La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la condanna, perché manca l’elemento soggettivo del dolo; in sostanza Dezio ha acquistato i semi da terzi in buona fede. Dal momento della condanna però, l’impresa agricola ha subito un doppio nocumento, in termini di immagine e fiducia dei consumatori, con un calo nelle vendite che ora sarà oggetto – dichiara l’avvocato Russotto – di richiesta di risarcimento danni ai soggetti che si erano costituiti parte civile.
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