Era stato arrestato ed ammesso ai domiciliari nel gennaio del 2014 insieme al fratello Orazio, già condannato in abbreviato. A distanza di quasi tre anni è stato assolto con formula piena dal Tribunale collegiale di Ragusa. Si tratta di Giuseppe Sciortino 33 anni, vittoriese, accusato di avere preteso da 14 parroci di Vittoria, insieme al fratello di 35 anni, decine di euro. In caso contrario i preti venivano schiaffeggiati, presi a calci e pugni con tanto di pesanti minacce di ritorsioni accompagnate addirittura da sputi in faccia dinanzi agli spaventati bambini e catechisti. Intimidazioni e umiliazioni alle quali i sacerdoti non si sottraevano e di cui i due fratelli approfittavano, facendo leva sul perdono dei prelati, che, seppure tormentati, non denunciavano i fatti porgendo anzi l’altra guancia. Secondo l’accusa i due estorsori, che agivano sempre separatamente, avevano danneggiato le auto dei sacerdoti, provocando danni fino tremila euro. Come detto il fratello è stato riconosciuto colpevole, anche in Appello, mentre Giuseppe Sciortino, difeso dall’avvocato Daniele Drago, è stato assolto dal Tribunale (presidente Panebianco, a latere Manenti e Schininà) per non avere commesso i fatti. Il pm Sodani aveva chiesto la condanna dell’imputato a 6 anni di reclusione per estorsione, minacce e lesioni.
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Al via davanti al Tribunale collegiale il processo ai danni di un uomo di trentadue anni arrestato l’anno scorso dalla polizia di Ragusa con l’accusa di abusi sessuali sulla figlia della convivente, di appena nove anni. Il collegio (Saito presidente, Ignaccolo e Infarinato a latere) ha ammesso 17 dei 18 testi citati dall’avvocato Massimo Garofalo, difensore dell’imputato, dopo avere ammesso la parte civile, la mamma della bimba, rappresentata dall’avvocato Anastasia Licitra. I primi testi saranno sentiti martedì prossimo. A rappresentare l’accusa il pm Valentina Botti.
L’uomo, in sede di interrogatorio di garanzia davanti al giudice delle indagini preliminari del Tribunale non ha aperto bocca. Al termine l’avvocato Garofalo non presentò nessuna istanza al Gip e non fece ricorso al Tribunale del Riesame avviando però le indagini difensive. Tra i testi citati dalla difesa ci sono investigatori privati e specialisti in psichiatria infantile. La mamma della bimba nella sua querela presentata alla polizia ha scritto di avere intrapreso la relazione con l’indagato nel 2011 e che tutto era andato per il verso giusto per circa tre anni. Poi, dopo la perdita del lavoro, il compagno avrebbe commesso i reati per cui è finito sotto processo.