Dal sisma dell’Abruzzo a quello di Haiti: il “crollo” psichico

È ormai da qualche giorno la notizia più diffusa dai mass media e dai principali rotocalchi televisivi quella del tragico evento sismico che ha colpito Haiti lo scorso 12 gennaio.

Un evento che ha toccato profondamente gli animi di molte popolazioni di ogni parte del mondo, in particolar modo quelli dei nostri connazionali abruzzesi che, a nove mesi di distanza dal sisma che ha raso al suolo gran parte delle loro abitazioni, rivivono quegli stessi momenti segnati dall’angoscia e dalla disperazione.

Il terremoto è uno di quegli eventi che, insieme alle calamità naturali di grave entità e alle azioni provocate dall’uomo, tra le quali le guerre, gli attentati, le stragi, mina l’integrità psico-fisica di chi si trova in tali circostanze, a subire passivamente e con sgomento l’evento.

Abbiamo spesso sentito parlare di come tale fenomeno ingeneri nelle popolazioni coinvolte grande stress emotivo, disperazione, senso d’impotenza e forti sentimenti empatici verso i supersiti.

Ciò che accade nel singolo individuo è l’insorgere di un elevato stress emotivo, determinato da un evento critico (critical event) inaspettato, violento ed estremo, tale da rendere inefficaci i meccanismi solitamente messi in atto per fronteggiare situazioni di pericolo, non solo durante l’evento ma anche successivamente ad esso. Clinicamente tutto ciò può tradursi nello sviluppo di un Disturbo da Attacchi di Panico o, come più spesso accade, in un Disturbo Post-Traumatico da Stress. Disturbo, quest’ultimo, il cui quadro sintomatologico comprende, secondo la classificazione contenuta nel Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV), una percezione viva del dolore fisico e psichico provato in tale circostanza, il frequente rivivere nell’immaginazione, nei pensieri e nei sogni il trauma relativo all’evento terrifico (con correlati disturbi del sonno), l’evitamento di tutto ciò che possa essere associato alla sua esperienza traumatica, come luoghi, persone o gli stessi ricordi dell’evento; ciò si accompagna alla presenza di elementi simili a quelli depressivi, a stati di irritabilità, ipervigilanza e difficoltà di concentrazione.  

Ma uno degli aspetti forse più raramente preso in considerazione nell’analisi psicologica degli individui vittime di un terremoto, è ciò che accade ad un livello più profondo ed interiore della vita psichica del soggetto. Analizzando il fenomeno secondo un ottica psicoanalitica, il “crollo” non è solo fuori, ma anche dentro. Il mondo interno di tali individui va in frantumi, come fosse una casa che si accartoccia su se stessa; d’improvviso irrompe una violenta forza che distrugge ogni punto di riferimento e ogni significato. Disorientamento e stordimento sono le reazioni ad un’interiore senso di smarrimento, di incomprensione rispetto all’accaduto, che lascia nel profondo un cumulo di macerie che dovrà trovare il suo destino: saranno buttate via, espulse dalla mente, attraverso un massiccio disconoscimento di quanto accaduto? Saranno riposte in un angolo buio della nostra psiche così da spaventarci ogni qualvolta vi passeremo vicino? O saranno rimesse insieme, pietra su pietra, per ricostruire un più forte e rinnovato mondo interno, donando di un senso e significato il vissuto interiore del crollo?

Quest’ultimo intervento è quanto di più auspicabile possa avvenire per la salvaguardia e la tutela della salute psichica degli individui vittime di catastrofi simili, grazie all’ausilio delle task force di psicologi impiegati per tale scopo o, in mancanza di ciò, grazie all’individuale riconoscimento della situazione di difficoltà e dell’importanza di vivere una vita qualitativamente migliore che possa condurre ad avanzare una richiesta di aiuto ad uno specialista del settore.

Daniela Garofalo

Psicologa