DALLA TRAGEDIA ALLA FARSA

Il grande pensatore di Lubiana, lavoj Žižek, propose – non molti anni fa – una teoria interessante sulla estrema esilità del confine che separa la tragedia dalla farsa, applicandola alle più diverse materie e in special modo alle vicende del capitalismo contemporaneo, ai suoi misfatti, ai suoi orrori.

Žižek si è interessato anche alla storia del nostro paese negli ultimi venti anni e bisogna dargli atto che la sua formula calza a pennello le numerose pantomime della politica italiana. Specie quelle più strettamente ruotanti intorno al circo berlusconiano.

E’ di questi giorni tutta un’efflorescenza di dichiarazioni, pompose quanto vacue, rilasciate da personaggi di indubbia fedeltà al cavaliere. Tutte capaci di convincerci che siamo clamorosamente precipitati nel paese di Alice, col Bianconiglio a rammentarci che i non-compleanni sono 364 all’anno!

Lupi: “ Se si riflette in modo approfondito sul merito delle questioni, allora il PD non potrà non votare contro la decadenza di Berlusconi!” (costruzione logica dell’implicazione materiale: se a allora b, certamente a, dunque b!).

Santanchè: “Certo che il problema è solo politico! Non c’è alcun problema giudiziario: Berlusconi non può essere fatto fuori per via legale” (schema logico nascosto: se x è eletto a furor di popolo, allora non può essere sottoposto alle regole del diritto penale o civile; certamente x è stato eletto a furor di popolo, dunque x non può essere condannato!).

Gelmini: “ Non si può privare 9 milioni di italiani della loro rappresentanza!” (sottile variazione dello schema precedente: se x è eletto da 9 milioni di elettori allora non può essere giudicato; se qualcuno lo giudica realizza un golpe!”).

La regola logica sottesa a queste elucubrazioni fanta-ideologiche è quella del modus ponens, che statuisce assertivamente la certezza della premessa per derivarne l’incontrovertibilità della conclusione.

Chi ci legge, sa da tempo qual è il nostro sentimento e pensiero sul personaggio in oggetto e i suoi adepti. Ma qui ogni malanimo si interrompe e cede il passo al divertimento puro:  e allora giochiamo!

Proviamo a spostare il ragionamento all’indietro fino a coprire il momento epocale in cui Berlusconi scende in politica. Uno dei giornalisti più conservatori del dopoguerra, Indro Montanelli, intuisce la mossa e dichiara scopertamente la sua indisponibilità: viene licenziato in tronco (pardòn: viene invitato a dimettersi)! Parte il carrozzone. Inizia la campagna di rincoglionimento su vasta scala delle genti italiche. La cultura, l’intrattenimento, i media, tutto si modula sul registro dell’edonismo arcoriano. Berlusconi scende in campo perché i suoi padrini politici sono decimati da Mani Pulite. Fra breve toccherà a lui. Lui ha abbastanza soldi per farsi un partito. Se verrà eletto avrà salva la vita! Perché se verrà eletto acconcerà le leggi in modo da spostare in avanti e in avanti e in avanti quanto più possibile e tutto si prescriverà!

Questo lo schemino logico che proponiamo: se Berlusconi ha bisogno di farsi eleggere per salvare il fondoschiena allora dovrà poi mettere la museruola alla magistratura, magari inventando la favola grimmiana che è quasi tutta di sinistra. Berlusconi non riesce a mettere la museruola alla Magistratura. Dunque è come se non fosse stato eletto!

Che somiglia al modus tollens, ma non lo è! Perché è solo una proposizione fattuale con la quale si intende dire semplicemente che essere eletti non conta proprio nulla se si è delinquenti!

Per molto meno Raul Gardini si suicidò. Il nostro personaggio, con la sua genetica propensione all’avanspettacolo, figuriamoci…