Diffonde su whatsapp immagini hot dopo rapporto. Condannato

Rischia una condanna per diffusione di riprese e registrazioni fraudolente chi ruba foto hot dopo il rapporto sessuale. Mandare queste immagini su whatsapp configura l’elemento soggettivo dell’illecito. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 2112 del 17 gennaio 2025, ha respinto il ricorso di un uomo che aveva raccolto foto sexy della compagna dopo un rapporto intimo. Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “ Ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 617-septies, è richiesta la prova, ritraibile da ogni elemento utile, della sussistenza in capo all’agente del dolo specifico, costituito dal fine di arrecare danno all’altrui reputazione o immagine.

Nel caso di specie, i giudici di merito hanno evidenziato come le modalità della condotta fossero chiaramente fraudolente, e la diffusione del video imputabile all’odierno ricorrente, mentre il fine specifico perseguito dall’agente può trarsi dalla stessa oggettiva materialità della condotta, ovvero dalle modalità con le quali il filmato è stato realizzato, immediatamente dopo il rapporto sessuale (ciò che rende evidente una finalità diversa da quella erotica o comunque collegata al rapporto sessuale appena consumato) e dal mezzo di diffusione del filmato, che è stato fatto circolare su una chat di amici, comuni anche alla p.o., elementi che appaiono direttamente esplicativi della precisa volontà di danneggiare la reputazione della vittima.

E’, dunque, riscontrabile nella fattispecie in esame, accanto al dolo generico ( anche eventuale) che deve supportare psicologicamente la condotta diffusiva, l’ulteriore elemento volitivo necessario ai fini dell’integrazione del delitto sotto il profilo soggettivo, costituito dalla specifica volontà di danneggiare la vittima, integrante il dolo specifico. Ciò perchè «la norma punisce colui che diffonde il contenuto di incontri o conversazioni riservate, registrate con mezzi insidiosi, (microfoni o telecamere nascoste), e quindi fraudolentemente, allo scopo di recare nocumento all’altrui reputazione. Sul piano empirico, la società della comunicazione di massa registra il frequente ricorso a simili stratagemmi, posti scientemente in essere con lo scopo della successiva divulgazione. Si tratta di condotte agevolate dalla diffusione, anche tra privati, di mezzi tecnologici del tutto idonei all’ampia e immediata divulgazione di contenuti comunicativi carpiti senza l’altrui consenso”.

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